«Con troppi pensieri ci troviamo nell’incertezza delle scelte, sentendoci poi scontenti». Intervista ai MaxOil

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La band piemontese MaxOil sono in radio e nei digital store dal 29 novembre con il singolo “Pensiero liquido”, primo estratto dall’album “Prigioni Sonore”, prodotto da Gianluca Nardelotto & MaxOil presso PLAY snc (Bricherasio - TO).
Il brano parla di come il protagonista proietti le proprie speranze di salvazione in un incontro fortuito con la persona che poi diventerà il proprio partner. Nello sviluppo del brano si fronteggiano la schiettezza del protagonista, l’irruenza delle sue parole, la propensione all’esporsi in prima persona alla ricerca dell’amore, della passione… in contrapposizione alla iniziale timidezza del co-protagonista, alle sue esitazioni, dubbi e paure. Nel videoclip, regia di Rocco Marando, sia protagonista che co-protagonista sono due ragazze: la protagonista è una chitarrista da strada, che nell’intento di trovare un luogo adatto in cui sistemarsi con la sua chitarra, incrocia casualmente lo sguardo di una ragazza e se ne innamora a prima vista. Le due ragazze avranno modo di ritrovarsi in città e non si lasceranno scappare l’opportunità di rivedersi. Mixato da Mauro Tavella & MaxOil, mastering di Alberto Macerata.

I Maxoil sono Fabio Balmas (voce), Gianluca Nardelotto (chitarra), Gian Mario Gillio (piano e tastiere), Enrico Battaglino (batteria), Alberto Macerata (basso) e proprio Gianluca Nardelotto ci ha presentato "Prigioni Sonore" e l'ha raccontato alle nostre pagine.

Pensiero liquido è il primo brano estratto dal vostro album Prigioni Sonore. In questo brano, la musica fa incontrare due persone, una vede nell'altra la sua salvezza, la sua rinascita perchè risveglia in lei energie che pensava di non avere più. Com'è nata questa canzone e qual è il messaggio contenuto?

«Il concetto di "Pensiero liquido" è che molte volte noi ci facciamo troppi pensieri trovandoci poi nell’incertezza delle scelte sentendoci poi scontenti, senza saperne il perché e senza sapere cosa relamente vorremmo per essere più felici. Poi, improvvisamente, capita di incontrare una persona che immediatamente ti trasmette quell’energia che non sapevi più di avere».

La canzone è accompaganta da un video, con un bel messaggio anche in considerazione della società omofoba in cui attualmente viviamo.

«Abbiamo scelto due ragazze perché riteniamo che questo stato generale di insoddisfazione, che ha dato il la alla stesura del brano, sia qualcosa che non appartenga solo al mondo maschile o alla coppia uomo/donna, ma che possa ritrovarsi in qualsiasi tipo di coppia. Nel video raccontiamo che, una delle due protagoniste, era stata sempre attratta dall’altra ma che, fino a quel momento, non l’aveva ancora realizzato. L’utilizzo della coppia femminile ha voluto, forse, rafforzare questo messaggio di incontro improvviso che può darti la svolta. Il messaggio può essere allargato a 360° perché poteva essere una coppia formata da persone di nazionalità o etnie diverse».

Esiste un filo conduttore che unisce tutte le canzoni dell'album anche se i messaggi contenuti sono diversi?

«Quello che accumana un po’ tutti i pezzi è la basicità di quello che raccontiamo, forse anche data la nostra età, perché non siamo più dei ragazzini e siamo abbastanza pratici, quindi, abbiamo in mente delle priorità importanti rispetto a cose più banali a cui vai dietro quando sei più giovane. Le canzoni sono tutte accumunate da storie e concetti semplici. In "Vomito di stelle", per esempio, noi pensiamo di essere chissà chi, ma confrontandoci con le milioni di stelle, siamo solo un puntino nell’universo. La consapevolezza di esserci ma non contiamo più di tanto, pensiamo di essere al centro di chissà che cosa, ma poi in realtà non lo siamo. Oppure in "Bye Bye", altro brano dell'album, parliamo dei treni che passano e che non vengono colti pensando:“Tanto poi ne passerà un altro!”, il messaggio di cogliere l’opportunità e di non lasciarsele scappare. Il filo conduttore può essere l’apprezzare le cose semplici che sono poi quelle più importanti».

Nel brano Unica Occasione terminate dicendo “giochiamocela bene la nostra unica occasione”. C'è stato un avvenimento in particolare che vi ha spinto a terminare così il brano?

«Nessun evento, la maggior parte dei testi sono scritti da Fabio, il cantante, lui racconta molto degli eventi che gli accadono personalmente. Poi ci si confronta tutti insieme e ci si ritrova in questi concetti base che ci accomunano. Il concetto di godiamocela bene è un po’ dovuta al fatto che, all’improvviso, perdi delle persone che ti sono care e che fino al giorno prima non avresti pensato di perdere e, quindi, dici: “Magari domani può toccare a me!”. Un po’ il concetto del carpe diem musicale (ride)».

In Sognando ti darei, altro brano dell'album, dite “sognando ti darei un posto in cielo accanto a Dio... vivendo ti darò poco o niente il corpo è un limite”. Jim Morrison disse che la mente mette i limiti, il cuore li spezza”...

«È vero, Jim Morrison ha ragione, però c’è da dire che viviamo in una società che concorre a porre dei limiti e, quindi, molto spesso con il cuore e con la mente vorremmo dare chissà che cosa, ma non riusciamo a dare completamente quello che vorremmo. Ci sono dei condizionamenti, ci sono dei compromessi e per stare al mondo bisogna anche arrivare a dei compromessi».

Su Caldo romano, invece, cosa ci puoi raccontare?

«Caldo Romano nell’album è un pezzo separato, ma è una suite, insieme a “Satie” e “Più in alto niente”. Nei live, infatti, le suoniamo senza soluzione di continuità. Questa suite inizia con “Satie”, che è poi quello che il nostro tastierista ha in mente in quel momento in assoluta libertà, non ha una linea definita o un tempo definito, è frutto del pensiero del momento. In sequenza poi c’è il botto improvviso di “Più in alto niente” seguito da “Caldo romano” che nasce da un’avventura romana del nostro cantante. La particolarità di "Caldo romano" è che è l’unico pezzo non in 4/4, perchè c’è un tempo alternato 7/8 e 6/8, è un po’ un incastro matematico di note che la rende molto particolare e molto interessante da suonare».

Ho cercato il termine Maxoil su internet ed ho trovato che il maxoil è un “additivo lubrificante per il motore che innalza la viscosità dell'olio e ne riduce il consumo”. Quindi se voi foste un additivo per la musica quali caratteristiche avreste?

«Noi siamo di Pinerolo, la patria degli Africa Unite, che tra l'altro conosciamo, infatti, Bunna e Madaski sono nostri amici. Non so perchè, Pinerolo ha questa radice reggae, forse perché è stata anche la culla degli Africa Unite e noi, essendo più o meno loro coetanei, anche se hanno iniziato prima di noi, abbiamo forse dentro anche questa sonorità».

Mi piace abbinare la musica alla cucina e, quindi, ti chiedo: se i MaxOil fossero un piatto che piatto sarebbero e perchè?

«Una pizza quattro stagioni (ride), perché siamo molto diversi, abbiamo vite molto diverse, delle professioni molto diverse, però, quando ci troviamo, viene fuori un piatto gradevole (ride). Ci piace, poi, trovarci insieme a mangiare la pizza, fa molto team (ride). La nostra band è nata molto tempo fa, ai tempi del liceo, stiamo parlando degli anni ’90. Oltre a una forte amicizia, siamo anche molto legati a due famiglie, infatti, nella formazione attuale il bassista e il batterista sono stati sostituiti dai loro rispettivi fratelli».