Non c'è niente da ridere. Strepitosi e audaci Peppe Barra e Lalla Esposito al Sannazaro di Napoli. Recensione

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Non c'è niente da ridere. Strepitosi e audaci Peppe Barra e Lalla Esposito al Sannazaro di Napoli. Recensione

Un pulcinella smarrito, confuso entra in scena di spalle a sipario chiuso, cerca l’apertura della tenda e dopo vari tentativi ci riesce. Un cavaliere errante senza la sua scintillante armatura di comicità si gira e con stupore trova la platea piena di gente e inizia a cantare "‘A serenata ‘e Pulecenella”, ma, ahimè, adesso è il pubblico ad essere smarrito, un sussulto collettivo come per dire:”Ancora un Peppe Barra che interpreta pulcinella? Ma basta”. Il pubblico auspica a qualcosa di nuovo, intenso e fervido di ilarità, non gravato dalla noia del già visto. E così, con un colpo di scena, come solo il maestro Barra sa fare, ferma i musicisti e “Non c'è niente da ridere”, un circo estatico dell'anima, inizia la sua serata vincente e avvincente al Sannazaro di Napoli con un repertorio misto tra café-chantant e avanspettacolo.
Peppe Barra e Lalla Esposito si esibiscono l'uno dopo l'altro, in una serie di assoli e duetti mozzafiato e in irriverenti e divertentissime scenette. Preferisco il 900 è il primo brano cantato da Lalla, che spazza via il vecchio, Pulcinella appunto, per affermare il nuovo che avanza. Canzone umoristica napoletana di Ria Rosa, considerata la ‘nonna delle femministe’ con le sue canzoni sulla libertà della donna, come anche Lo penso ma non lo fo, che magistralmente e con grande umorismo interpreta l’attrice e cantante. 
In mezzo a questo dinamismo istrionico, da rivista, caffè-concerto ed operetta la maestria del regista Lamberto Lambertini ha saputo ben dirigere l’esuberanza e la sicurezza e l’enorme attorialità dei due grandi artisti, come nella sorta di mash-up tra due capolavori teatrali Assunta Spina e Filumena Marturano. Assistiamo al ritorno di Michele Boccadifuoco dal carcere, ma Assunta oramai non è più innamorata di lui e così Michele recita il famoso e straordinario monologo di Filumena, con una chiave nuova: “Conoscete quelle carceri… dove d’estate non si respira per il caldo perché la gente è tanta, e d’inverno il freddo fa sbattere i denti…” “…Una sera uno mi disse: «Così… così… così…". Una nuova lettura, una svolta audace di connotazione omoerotica per combattere i pregiudizi di genere, destabilizzando non poco il pubblico.

                              
Sono vari gli sketch e le canzoni che si susseguono, come Chi ha trovato a mia moglie, un brano del famoso Roberto Ciaramella nominato “la più bella voce d’Angelo”. Fatte pittà, uno dei cavalli di battaglia di Nino Taranto e, ancora, Nfacc' 'o muro, Nun tirà o I' quann' vaco a lietto scritta proprio da Peppe Barra e Lamberto Lambertini con Eugenio Bennato. Accompagnati dal vivo da una piccola orchestra, Giuseppe Di Colandrea al clarinetto, Agostino Oliviero al violino e mandolino e Antonio Ottaviano al pianoforte,
Uno dei momenti più emozionanti per me è un monologo che ascoltavo nei primi anni 90, mettevo un vinile su un giradischi e la voce di Peppe Barra recitava ‘Maria Tommasina de Feld’, e vederlo dal vivo con quella giusta gestualità, le dosate cadenze, la grande espressività mi ha fatto emozionare rivivendo quei momenti lontani fissi nella mia mente. Alla fine dello spettacolo ritorna Pulcinella, una maschera seppur morta, vive ancora ardentemente nell’immaginario collettivo, e Peppe Barra ha ben trasmesso la qualità agrodolce di questo personaggio della commedia dell’arte e, insieme a Lalla Esposito, ha alimentato questa memorabile notte di pura gioia di una visione teatrale differente, dimostrando i modi in cui l'operetta o il café-chantant siano lo specchio della società contemporanea, evidenziandone l'energia e la modernità.