Ferdinando di Annibale Ruccello con Gea Martire al Piccolo Bellini fino al 5 gennaio. Recensione

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Ferdinando di Annibale Ruccello con Gea Martire al Piccolo Bellini fino al 5 gennaio. Recensione

Ferdinando è uno dei capolavori di Annibale Ruccello, il grande drammaturgo stabiese, prematuramente scomparso. Scritto nel 1985 ha vinto due premi IDI, miglior testo teatrale e migliore messinscena con Isa Danieli, musa ispiratrice e destinataria di questo testo.

Lo spettacolo ritorna a grande richiesta al Piccolo Bellini fino al 5 gennaio, per la regia di Nadia Baldi con:Gea Martire, Chiara Baffi, Fulvio Cauteruccio, Francesco Roccasecca.

Il Regno delle Due Sicilie è appena caduto.

Donna Clotilde (Gea Martire), una baronessa fedele ai Borbone, decide di vivere gli ultimi anni della sua vita nella casa di campagna, scegliendo l’isolamento come segno di profondo disprezzo per la nuova cultura borghese che si sta diffondendo a macchia d’olio dopo l’unificazione d’Italia. Le fa compagnia una cugina povera, donna Gesualda (Chiara Baffi) e il parroco del paesino Don Catello (Fulvio Cauteruccio).

Le giornate trascorrono uguali e monotone fino a quando non arriva Ferdinando (Francesco Roccasecca), un nipote scavezzacollo di Donna Clotilde, giovane dalla bellezza morbosa e strisciante che porterà scompiglio nella casa e ne sovvertirà il precario equilibrio.

Lo stesso Ruccello spiega la genesi del testo:«Non mi interessava realizzare un dramma storico. Accanto a questa lettura più palese e manifesta prende corpo l’analisi ed il tentativo fotografico di messa in evidenza dei rapporti affettivi intercorrenti tra i quattro persone in isolamento coatto. Gli odi, i desideri, le bramosie sessuali, le vendette, le sopraffazioni, le tenerezze, gli abbandoni fra quattro personaggi tutti perduti, dannati da una storia diversa per ognuno, ma sempre inclemente e perfida».

Nelle note di regia Nadia Baldi osserva:«Ferdinando contiene notevoli elementi espressivi per una realizzazione teatrale delle emozioni umane …Ho avuto l’esigenza di indagare il possibile e impossibile mondo creativo che le donne sanno attuare quando i freni inibitori e culturali non hanno più il loro potere censurante. Tutti i personaggi in una prima fase si presentano nel loro quotidiano per poi disvelare geniali strategie e stupefacenti mondi interiori…Le follie e gli incroci amorosi contenuti nella trama sono modernissimi e regolano da sempre la potenza dei sogni e degli affetti nella storia dell’umanità».

Il personaggio di Ferdinando è molto somigliante al Remo delle Sorelle Materassi, il noto romanzo scritto da Aldo Palazzeschi nel 1934. Entrambi sono belli, vincenti, pieni di vigore e di vitalità ma se il primo ha come scopo quello di sfruttare economicamente le sue zie, il secondo è diabolico e innesca un gioco pericoloso, sensuale e lascivo che porterà allo scoperto i sentimenti ed i segreti dei personaggi comprimari ed il loro lento ed inesorabile degrado.

L’impulso creativo di Ruccello trae forza da altri personaggi della letteratura.

Qualche critico, infatti, ha voluto vedere nei due personaggi femminili le dame Pintor di Canne al vento di Grazia Deledda. Nel romanzo esse invecchiano rassegnate al loro destino mentre nella pièce teatrale si punzecchiano continuamente evidenziando ciascuna i difetti dell’altra e le insofferenze reciproche.

La presenza di Ferdinando e il suo possesso le aizza in una competizione erotica che vede in Don Catello un temibile rivale da eliminare con un bicchierino di innocente nocillo, perché il rosolio è stato bevuto tutto dall’avida Donna Clotilde.

Questo personaggio potrebbe rimandare per fierezza ed opposizione al nuovo regno piemontese al Principe di Salina Fabrizio Corbera de Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa ma ben presto i caratteri se ne discostano per i modi ed i toni nonché per il forte appetito sessuale che domina la personalità di Donna Clotilde mai sazia del suo Ferdinando che non può essere oggetto di desiderio di Gesualda e meno che mai di Don Catello.

Dal suo letto, le cui lenzuola sono un‘estensione del suo ampio vestito, domina la scena e anche quando sembra moribonda e priva di forze, continua la sua battaglia incurante del tempo che passa inesorabile.

Gesualda, la cugina povera e infelice, trae conforto materiale e spirituale dalle visite di Don Catello che non tarda a manifestarsi come un prete rozzo di campagna ma ricco di perversioni e desideri inconfessabili.

Gea Martire, guidata e sostenuta da una regia puntuale e rispettosa del testo, è immensa nel sostenere il ruolo di Donna Clotilde che presenta notevoli difficoltà per il ricorso ad una recitazione dai cambi repentini di toni, una forte gestualità e giochi di sguardi a cui seguono preoccupanti silenzi.

Chiara Baffi è una credibilissima Gesualda per intonazioni, movenze, partecipazione emotiva. Il registro espressivo drammatico le calza a pennello accentuato da un trucco pesante e da un abito ampio nero con una sottogonna orlata di rosso come le sue nascoste passioni.

Fulvio Cauteruccio è un Don Catello lascivo e viscido, diviso tra i piaceri della carne e la missione di prete. L’attore ne sa coglierne le fragilità e i desideri inconfessabili nonché quel senso di smarrimento e di timore per una sospensione a divinis che Donna Clotilde minaccia con una lettera da inviare al Vescovo.

Francesco Roccasecca è perfetto nel ruolo di Ferdinando per la sua spudorata sensualità e il corpo statuario che viene messo in mostra al termine del primo atto. In lui si mescolano sapientemente il candore e l’innocenza della giovinezza e il fascino perverso e mefistofelico.

Gli attori toccano tutti una godibilità espressiva che non sarà facile da dimenticare.

Un ultimo commento riguarda il linguaggio usato da Ruccello. Esso è vivianesco, ruvido, puntuto, sfrontato e certi termini nonché modi di dire e metafore rimandano alla tradizione musicale e poetica del vero e ahimè! poco parlato dialetto partenopeo a cui sottendono un sottile senso ironico e un forte compiacimento.

La cifra espressiva è potente e travolgente anche quando le parole sono sussurrate con rassegnazione e urlate con disperazione.

I costumi sono di Carlo Poggioli e le scene di Luigi Ferrigno.

Alla prima calorosi e meritatissimi applausi.