La miniera dei poeti selvaggi al Piccolo Bellini

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La miniera dei poeti selvaggi al Piccolo Bellini

Un silenzio quasi sacro apre lo spettacolo I poeti selvaggi di Roberto Bolaño. Indagine su cittadini poco raccomandabili, in scena al Piccolo Bellini fino al 26 ottobre. In questo silenzio tuona la voce di Salvador Allende da Radio Magallanes, il suo ultimo discorso prima del colpo di stato. La parola come arma, come testamento, come poesia. Da lì, Igor Esposito ci prende per mano e ci trascina dentro una miniera di memoria e versi: la “miniera Bolaño” , come lui stesso la chiama, dove scavare significa resistere. Lo spettacolo, scritto, tradotto, narrato e vissuto da Esposito insieme a Daniele Russo, anche regista e attore-narratore, e al musicista dal vivo Massimo Cordovani, è un viaggio a metà tra il reading teatrale, la lezione civile e l'incanto poetico. C'è una scrivania ingombra di libri e bottiglie, come in un rifugio letterario: un altare laico alla parola e alla sbronza di vivere. E da lì prende forma una narrazione che è al tempo stesso indagine, confessione e invocazione. Igor Esposito si muove nel magma bollente della letteratura latinoamericana come un rabdomante. Evoca Roberto Bolaño e la sua tribù di poeti maledetti, da Dario Galicia a Mario Santiago Papasquiaro , con la stessa devozione con cui si racconta un popolo estinto. Ma non c'è nostalgia, semmai febbre: quella di chi ha davvero attraversato oceani, librerie e fantasmi per restituire alla lingua italiana una poesia dimenticata. Lo racconta lui stesso: i 40 giorni a Buenos Aires, la ricerca ossessiva dei libri perduti, la traduzione di oltre duecento poesie inedite in Italia. Tutto questo diventa materia scenica, vibrazione viva, non erudizione.
Sul palco, la voce di Daniele Russo dà carne ai poeti, li fa camminare tra le macerie della storia. Il suo tono alterna lirismo e rabbia, delicatezza e graffio, come se ogni parola fosse un colpo di piccone nella terra della memoria. Le musiche di Cordovani , che si muovono tra tango, blues e rumore, sono il respiro stesso del Sudamerica: evocano la polvere delle strade di Santiago e il fumo dei caffè di Buenos Aires, la malinconia e la resistenza.
Il testo intreccia la poesia con la Storia, quella con la S maiuscola e le sue minuscole atrocità. La voce di Allende, il nome infame di Kissinger, la parola Desaparecidos  ripetuta come un rosario laico: sono ferite che ancora sanguinano, ma che qui diventano parte di un racconto più ampio, quello dell'umanità che sopravvive grazie ai poeti, cittadini poco raccomandabili  perché non si lasciano normalizzare.


Il ritmo della drammaturgia è calibrato con sapienza: ora lento e contemplativo, ora teso e quasi punk, come il Bolaño più furioso. Non è uno spettacolo che si guarda, ma si ascolta, si respira, si subisce. A tratti sembra un atto politico, a tratti un sogno lucido. Sempre, un atto d'amore.
Nell'ultimo spaccato dello spettacolo si parla del poeta Casabella Darìo Galicia, che purtroppo, nel 1976, a soli 23 anni fu colpito da un aneurisma e Bolaño racconta in una sua poesia, tratta da I cani romantici , una visita all'amico poeta da poco operato: “La visita al convalescente”, un requiem lucido e spietato per una stessa generazione che, pur respirando ancora, scopre di essere già morta dentro il suo ideale. Trapanato alla testa due volte, un crudele atto verso un grande essere umano ridotto a una vita da barbone per le strade di San Andrés Tetepilco, che grazie alla tenacia dei poeti Mario Raúl Guzmán, Luis Antonio Gómez e la scrittrice Ana Clavel, che si misero sulla sua ricerca, venne trovato, aveva 66 anni ma una memoria e una salute devastata. Morì otto mesi dopo essere stato ritrovato. Daniele Russo interpreta alcune delle sue poesie, piccole detonazioni dello spirito crudo e visionario di Darío Galicia: Autobiografia Mandami sulla sedia elettrica, Pazzia, Il pazzo , e ancora Fiamma d'amore, Arte poetica
E se Esposito dice di aver trovato nella miniera Bolaño  la meraviglia e lo stupore della poesia più alta, noi spettatori usciamo con la stessa sensazione addosso: di aver toccato qualcosa di puro, scomodo e necessario.
I poeti selvaggi di Roberto Bolaño è una mappa emotiva, un atto di fedeltà a un'eredità fragile e potentissima, nelle prossime settimane ci saranno altri due “appuntamenti” che chiudono il ciclo di tre, su questa meravigliosa immersione nel mondo de I poeti selvaggi di Roberto Bolaño.