
Foto di Michele Tomaiuoli
Dal 30 settembre al 5 ottobre, il Piccolo Bellini di Napoli ospita “La vacca”, spettacolo scritto da Elvira Buonocore e diretto da Gennaro Maresca, con Vito Amato, Anna De Stefano e lo stesso Maresca. La produzione è della Compagnia BEAT Teatro, con assistenza alla regia di Adriana Serrapica, luci di Alessandro Messina e Mario Ascione e costumi di Rachele Nuzzo.
L'opera racconta un'estate torrida in una periferia napoletana indifferente e annientata dal progresso industriale, dove i legami umani sembrano evaporare e la vita scivola tra l'apatia e la monotonia. In questo paesaggio grigio e immobile, vivono due fratelli adolescenti, Donata e Mimmo, ignari del mondo adulto e dei suoi ritmi. I loro corpi sembrano spenti, ma proprio nell'apparente immobilità si accende il primo scintillio di desiderio: Donata, confrontandosi con il proprio corpo ei suoi desideri, inizia a guardarsi con occhi nuovi, mentre l'arrivo di Elia, misterioso e carismatico, fa esplodere la passione e mette in moto la meccanica del desiderio, rendendo visibili le aspettative ei bisogni dei personaggi.
La narrazione si sviluppa come una favola neorealista, in cui la realtà più cruda e le aspirazioni dei protagonisti si intrecciano, dando vita a un racconto dove il desiderio diventa fragile e radicale, sospeso tra amore, necessità di rivalsa e la violenza di un mondo pronto a “saccheggiare” i corpi.
Note di regia di Gennaro Maresca
La vacca in tutto. La vacca sacra e la vacca profana. La vacca come desiderio di un seno grosso, come desiderio di una rivalsa. La vacca come sesso, un segno di carne, lussuria, maternità, fibra animale. La vacca simbolica, dispensatrice di fertilità. La vacca elevata all'ennesima potenza, elevandola a simbolo, universalizzandola. Ecco che avanza, la vacca in posa, impacciata davanti ad una telecamera, si chiama Elia, fa il pastore ma l'uomo/industria gli ha tolto la sua ragione di vita: le sue mucche. Ecco una vacca che dà cornate, dà di testa, si stanca e poi si abbandona, annichilita. È una vacca giovane e si chiama Mimmo. Il suo desiderio è dimostrare al mondo che lui ce la può fare. Poi si scoccia. Cade e si ferma, immobile, arreso, disgustato dal grigiore che domina intorno. Mimmo ha una sorellina, un'altra vacca, si chiama Donata, il suo desiderio più forte è avere un seno grosso come le star della televisione, le serve per amare e servire. Donata è un'adolescente intontita dai media che vuole disperatamente donare qualcosa di suo.
Si incontreranno questi tre personaggi. Tre vacche perfettamente umane: Donata, Mimmo e Elia, legati e distanti chilometri, nella lingua, nell'età, nel desiderio nascosto, mantenuto rigorosamente segreto. Sono vacche sincere, coerenti fino alla fine, chiederanno amore fino alla fine. Inconsapevoli, spiegheranno le loro esistenze, all'ombra del fato o del caso e quindi all'ombra di una vacca più grossa, talmente grossa che non si riesce a vedere. Una macrovacca sicura di essere molto più che un ruminante e basta.
Lo spettacolo è già stato insignito di numerosi riconoscimenti: Premio Tuttoteatro.com Dante Cappelletti XIII Edizione, Premi Voci dell'Anima 2021 al Teatro della Centena di Rimini (Premio della critica ex-aequo, Premio della stampa, Premio sezione teatro, Premio Confine-Corpo) e il Premio “Per fare il teatro che ho sognato” del Dipartimento SARAS, Sapienza Università di Roma, nell'ambito del bando Presente Futuro 202 .