
Al Festival Internazionale del Cinema di Pompei si è discusso del potente legame tra cinema e valorizzazione territoriale. Con interventi d’eccezione, da Enrico Vanzina a Sergio Assisi, dalla Presidente Annarita Borelli al Prof. Domenico Apicella, il cine-turismo è emerso come una leva culturale ed economica capace di trasformare paesaggi in icone e borghi in mete globali.
Un panel ricco di suggestioni, racconti personali e riflessioni profonde ha animato l’ultima giornata del Festival Internazionale del Cinema di Pompei. Il tema dell’incontro, “Il cinema come strumento di valorizzazione territoriale”, ha acceso il dibattito sul cine-turismo e sull’impatto che la narrazione cinematografica può avere sull’economia locale e sull’identità dei luoghi. A dialogare, quattro voci di spicco: Annarita Borelli, presidente e produttrice del Festival; Enrico Vanzina, direttore artistico e storico sceneggiatore; il prof. Domenico Apicella, dell’Università di Salerno; e Sergio Assisi, attore e regista, che ha poi presentato il suo ultimo film Il mio regno per una farfalla, girato interamente a Ischia.
Aprendo i lavori, la presidente del Festival Annarita Borelli ha posto subito l’accento sull’essenza visiva del cinema: «Il cinema non è solo parola, trama, regia – ha detto – ma immagine, costume, scenografia. È tutto ciò che costituisce l’identità visiva di un luogo. In Italia il fenomeno del cine-turismo ha radici lontane. Possiamo iniziare a parlarne come di un settore a sé stante?».
Con la sua solita lucidità, Enrico Vanzina ha ripercorso la storia del cinema italiano come cartina tornasole del Paese: «È chiaro che il cinema italiano, fin dalle sue origini, ha raccontato il Paese in modo profondo. All’inizio, i film venivano girati quasi esclusivamente negli studi: si trattava di ricostruzioni storiche, opere ideologiche durante il ventennio fascista, o commedie conosciute come "telefoni bianchi", ambientate in appartamenti irreali che richiamavano un mondo alla maniera della commedia viennese. Subito dopo la guerra, grazie al neorealismo, il cinema esce dagli studi e va per strada: si cominciano a usare attori presi dalla vita vera e si iniziano a raccontare le storie quotidiane degli italiani. Questo percorso nasce con un taglio drammatico, ma poi, anche grazie a mio padre e a Mario Monicelli con il film Guardie e ladri, nasce la cosiddetta "commedia all’italiana", che utilizza lo stesso approccio realistico per raccontare con ironia e profondità il nostro Paese: la gente comune, le abitudini, il linguaggio, la regionalità, i luoghi. Da quel momento, l’Italia è stata vivisezionata dal cinema in modo straordinario. Uno dei grandi collanti dell’identità culturale italiana non è stata solo la lingua: il cinema ha contribuito a trasformarla e a farci capire che viviamo in un Paese dove si parla sudtirolese al nord, siciliano stretto al sud, e in mezzo esiste un meraviglioso miscuglio di lingue e dialetti, radicati nella tradizione e nella letteratura. Il cinema ha anche mostrato visivamente l’Italia agli italiani stessi, che all’epoca non avevano ancora la televisione e non conoscevano davvero il loro Paese. Attraverso i film hanno scoperto la bellezza e la varietà dei luoghi italiani, spesso per la prima volta. Con il tempo, questo processo si è affinato: luoghi talvolta dimenticati, grazie a un film interessante o di successo — visto magari da milioni di persone — hanno ritrovato slancio, identità e importanza. Questo è un fenomeno che accade non solo in Italia, ma anche nel cinema mondiale. È un meccanismo straordinario che lega il cinema non solo all'immaginario collettivo, fatto di emozioni, sentimenti e riflessione, ma anche a un indotto culturale ed economico molto rilevante, che può ridare vita e visibilità a certi luoghi, rilanciandoli. Questo è, in sintesi, il cuore del tema del cine-turismo».
Il professor Domenico Apicella ha offerto uno sguardo tecnico ma appassionato: «Il turismo cinematografico è una realtà economica concreta. In Campania, la Film Commission ha investito moltissimo, generando flussi turistici legati a set come Capri, girato tra Cetara, Raito e Vietri sul Mare. Eppure manca un riconoscimento normativo: nella legge sul turismo del 2011 non esiste nemmeno una voce dedicata a questo settore».
Apicella ha creato una mappatura nazionale dei luoghi del cinema, una app gratuita per tour operator e visitatori. «Non tutti sanno che Wonder Woman si apre sulla spiaggia del Buon Dormire a Palinuro, o che Equalizer 3 con Denzel Washington è stato girato ad Atrani. Questi sono strumenti straordinari di marketing territoriale».
Con la sua consueta ironia e sensibilità, Sergio Assisi ha raccontato l’esperienza vissuta sul set: «Quando giravamo Capri 2, pullman di turisti arrivavano a Raito per vedere la villa che credevano fosse a Capri. Un luogo che prima faceva mille accessi l’anno è arrivato a ventimila. Questo è il potere del cinema: tu vedi un luogo e lo desideri».
Assisi ha poi presentato Il mio regno per una farfalla, il suo nuovo film girato interamente a Ischia: «Ho voluto raccontare una favola, una realtà alternativa, perché il cinema può anche far sorridere. Abbiamo girato in posti dimenticati, come la chiesa di Santa Marta a Napoli, chiusa da 40 anni. Dopo il film, è stata riaperta e oggi è visitata dai turisti. È un modo per restituire vita».
La mattinata si è chiusa con la proiezione del film di Assisi, che ha divertito e fatto riflettere. Una favola urbana tra entomologia, amore e riscatto, girata in luoghi autentici del sud, tra le strade di Ischia e scorci nascosti di Napoli. Un’opera che è anche un omaggio al territorio, al senso di appartenenza, alla “gioia di vivere”, come l’ha definita il suo autore.