
A Napoli, da sempre una città senza tempo e senza filtri, dove il sacro s’intreccia con il profano e il mito convive con la quotidianità, nasce Femmenell, il docufilm di Andrea Fortis che, con delicatezza e autenticità, illumina un angolo spesso frainteso o folklorizzato della cultura partenopea: quello d’’o femmenell. E Fortis compie un gesto necessario, con il suo occhio nitido, esente da pregiudizi, si ferma, osserva, ascolta. Il risultato è un’opera viva, pulsante, viscerale, una raccolta di voci, corpi, gesti e parole che formano quell’umanità pulsante e genuina che si ritrova in ogni angolo di strada.
Alla presentazione del docufilm Femmenell, organizzata dall’associazione La Festa dei Folli di Nola, a dialogare con il pubblico, insieme ad Antonio Napoletano, c’erano il regista Andrea Fortis, Luigi Di Cristo, presidente dell’associazione AFAN, e il protagonista Ciro Cascina, che ha introdotto il film parlando della nascita della parola femmenell: «La terra partenopea ha forgiato nel tempo la parola ‘o femmenell. Pensate alla sonorità e alla bellezza di questa parola, perché la fa diventare aggettivo, ma non solo con la diversità. Pensate che popolo, questa terra partenopea, che crea una parola vezzeggiativa nella diversità».
E continua Ciro Cascina, attore e voce narrante dell’opera: «Le cose nascono da una terra, non è che sono create solo dall’uomo». Ed è proprio questo il cuore del documentario: non tanto il femminiello come individuo, ma il femminiello come creazione di un contesto, di un popolo, di un paesaggio che è linguistico, storico, umano e spirituale. Napoli non viene qui usata come sfondo, ma s’impone come vera protagonista, creatrice e contenitrice di significati. Non a caso, la parola stessa femminiello esiste solo in napoletano, e non ha corrispettivo diretto in altre lingue o dialetti. È una parola antica e vezzeggiativa, come antica è la sua storia: la prima testimonianza scritta della figura del femminiello risale al XVI secolo, nella Fisionomia dell’huomo di Giovan Battista Della Porta. Ma la loro esistenza è ben più remota, legata al magma stesso della città, al suo mito originario, la sirena Partenope, a quel doppio corpo evocato da Cascina che contiene l’ambiguità primordiale tra maschile e femminile.
Andrea Fortis regista
L’approccio registico di Fortis è rispettoso e istintivo. Il film, come conferma lui stesso, nasce da un incontro personale con Ciro Cascina e Gino Di Cristo, figura discreta e centrale del docufilm, presidente e curatore dell’archivio Afan (Associazione Femmenell Antiche Napoletane). È un documentario senza copione, in cui ogni partecipante è libero di raccontarsi senza filtri o attese. Questa spontaneità si traduce in un tono che spesso rasenta il surreale, come nota lo stesso Fortis nelle sue note di regia, ma che resta sempre ancorato a una verità profonda, una verità in movimento, mai definitiva, che si fa percezione, esperienza, azione.
Femmenell esplora le storie autentiche di figure emblematiche come Maurizia, Ciretta, e fa emergere in me una riflessione provocatoria: inserire il femminiello come una possibile nuova figura della tradizione della Commedia dell’Arte. Azzardata come idea, ma può trovare delle solide motivazioni, visto che personaggi come Arlecchino, Colombina incarnavano archetipi sociali e utilizzavano l’improvvisazione per esprimere critica sociale e trasgressione, veicoli di riflessione e satira sociale. E la comicità che prepotentemente si affaccia nei loro racconti non sarebbe puramente caricaturale, ma funzionale, atta a evidenziare e mettere in discussione norme sociali e pregiudizi, in linea con la funzione satirica originaria della Commedia dell’Arte. Ma diciamoci la verità, il femminiello non può e non deve essere una figura statica, non è un ruolo da interpretare, ma un’esistenza vissuta con la sua unicità che parla di desideri, conflitti, trasformazioni. La sua viscerale prepotenza quotidiana nelle cittadine vesuviane, nei quartieri, negli angoli di quelle strade dove c’è storia vera, si manifesta di tanto in tanto nei rituali comunitari come lo Sposalizio, la Figliata, o il Pellegrinaggio a Montevergine.
La differenza è chiara: mentre la maschera serve a raccontare attraverso il filtro della finzione, il femminiello racconta con il corpo e con la vita. Per questo è arte, ma non teatrale, è arte vivente, antropologia incarnata.
Uno degli aspetti più toccanti del documentario è la consapevolezza della sua funzione archivistica. Come racconta Cascina, «la difficoltà della diversità non sta nella diversità in sé… manca la storia». Questo film allora è anche un atto politico e affettivo: restituire una storia, dare un contesto alle nuove generazioni di femminielli, affinché possano riconoscersi in una continuità e non in una marginalità imposta. «Il potere toglie la storia per renderti emarginato, racconta Ciro Cascina durante l’incontro a La Festa dei folli a Nola, una femminella, nascendo, non ha una storia a cui riferirsi. Per cui è nato questo desiderio da nonna, da zia, per un futuro di una femminella che nascerà e non deve sentirsi sola storicamente. Per cui stiamo raccogliendo e stiamo formando un album di fotografie, di storia che perversamente, malignamente hanno distrutto, le prime cose che arrivano nelle arroganze di potere. Negli anni Trenta, c'erano dei movimenti omosessuali importanti e la prima cosa che fecero i prepotenti, gli tolsero i documenti. La prima cosa che fanno, tolgono la storia. Perché un uomo senza storia è niente, e, quindi sei più idoneo a prenderti tutte le assurdità che ti raccontano. Questo archivio è partito proprio per lasciare in eredità una storia alle femminelle che verranno, perché le femminelle verranno. Potete ostacolarle come volete, nessuno le può bloccare. Per cui nasceranno e devono avere un punto di riferimento storico».
Ciro Cascina, con la sua profondità e il suo carisma, tesse un fil rouge attraverso il film, offrendo riflessioni filosofiche, politiche e poetiche. La sua voce è tanto un commento quanto una chiave di lettura: «Avere non solo un’apparenza, ma avere una rotondità. La storia indotta ti dà apparenza, ti toglie rotondità. Nella storia cattolica c'è solo apparenza. Tu non pensi mai al culo della Madonna, è blasfemo per te pensarlo. E quindi ti toglie rotondità al corpo. E un corpo senza spalle, che corpo è? Questa è la punizione che noi viviamo quotidianamente, perché ci tolgono la rotondità. La femminella, proprio per sua natura, non crea guerra, perché al suo interno è pacificata con il femminile e il maschile. Dove c'è determinazione, c'è guerra». In un mondo segnato da polarizzazioni identitarie, quest’armonia interiore, questa “rotondità”, rappresenta un atto rivoluzionario.
Andrea Fortis, con uno sguardo esterno ma non estraneo, riesce in un’impresa delicata: dare visibilità senza invadere, raccontare senza giudicare, accogliere senza pretendere. Il suo è uno sguardo che si mette da parte, che ascolta senza interrompere, e che restituisce allo spettatore un frammento del mondo nella sua forma più vera: molteplice, contraddittoria, dolce e violenta insieme.
Femmenell non è solo un documentario sui femminielli. È un atto d’amore verso Napoli, verso la sua lingua, le sue anime, le sue contraddizioni. È un'opera che non cerca di definire, ma di evocare. Che non chiude, ma apre. Come dice Cascina: «La verità non ti impegna mai a dire è così. È un movimento».
Un film necessario, soprattutto oggi, in un tempo in cui si tende a semplificare tutto. Femmenell restituisce complessità, memoria e bellezza a una figura che non è folklore, ma radice viva di un’identità collettiva. E finché esisterà Napoli, esisteranno i femminielli.