C'è una Napoli che non passa mai di moda. Una Napoli che ride e piange insieme, che parla in versi e respira in teatro. Quella Napoli vive ancora, più viva che mai, nel volto asimmetrico e perfetto di Totò. Ed è proprio a lui, al Principe Antonio de Curtis, che la città dedica un'inedita mostra dal titolo Totò e la sua Napoli, ospitata nella Sala Belvedere di Palazzo Reale di Napoli dal 31 ottobre 2025 al 25 gennaio 2026, nell'ambito delle celebrazioni per i 2500 anni dalla fondazione di Neapolis.
Un evento che non è solo una mostra, ma un ritorno a casa. Un atto d'amore reciproco tra l'attore e la sua città, tra la maschera e il suo pubblico. Promossa dal Comitato Nazionale Neapolis 2500 con il Ministero degli Affari Esteri, Palazzo Reale di Napoli e con la collaborazione degli Eredi Totò, Rai Teche e Archivio Storico Luce, l'esposizione, curata da Alessandro Nicosia e Marino Niola, esplora la simbiosi tra Totò e Napoli: una città che gli ha dato lingua, ritmo, malinconia e ironia.
Perché, come ricorda Marino Niola: "riassume le mille identità di una Napoli che diventa universale, grande metafora della condizione umana. La città lo ha amato moltissimo e incondizionatamente perché ciascun napoletano si è riconosciuto in una delle mille sfaccettature di questa maschera interclassista. Personaggio e persona nel senso letterale del termine che significa appunto maschera. In effetti Totò e la sua Napoli vuole mostrare come Partenope ha modellato Totò e come Totò ha rimodellato Partenope, in tutta la sua miseria e nobiltà, facendone un simbolo che rappresenta tutti coloro che in ogni paese del mondo si sentono vesuviani”.
E così la mostra non si limita a raccontare un artista, ma svela un doppio ritratto: quello di un uomo e della città che lo ha plasmato, “una Napoli popolata di marionette stralunate, parole in libertà e caratteristi h24”, che Totò ha trasformato in un'umanissima metafora del mondo.
Antonio de Curtis, principe e plebeo, comico e poeta, resta un enigma anche nella sua apparente semplicità. "Dicono che ho la faccia triste. Non ce l'ho triste, ce l'ho storta perché mi sono rotto il naso", diceva lui stesso, ironizzando sul suo volto che sembrava uscito da un quadro cubista. In quel volto, in quella piega sbagliata, stava tutta la malinconia di un uomo che sapeva trasformare la vita in palcoscenico e il dolore in arte. Totò parlava spesso di sé in terza persona: “Totò è un buffone serissimo”. Era la sua forma di distanza, di eleganza, di consapevolezza che la maschera e la persona non coincidono mai del tutto. Come sottolineano i curatori, il suo è “uno snobismo plebeo e una sprezzatura aristocratica”, l'eco della Commedia dell'Arte in un corpo moderno, capace di incarnare il rione Sanità e l'eternità del teatro insieme.
La mostra accompagna il visitatore in un viaggio sensoriale tra documenti originali, costumi di scena, fotografie, filmati, manifesti, installazioni multimediali e testimonianze.
Un percorso in più sezioni: Le origini, Il Rione Sanità, Il teatro, Il cinema, Le poesie, Un maestro insostituibile, Totò e le bellezze della sua Napoli, fino al Saluto della sua Napoli, dove riecheggia la voce commossa di Nino Taranto nell'orazione funebre del 1967, davanti a centomila persone in lacrime in piazza del Carmine.
Dopo Napoli, Totò e la sua Napoli approderà nella primavera 2026 a New York, proseguendo quel ponte culturale tra Partenope e il mondo che Totò stesso, senza mai lasciarla davvero, aveva già iniziato a costruire.
A completare il progetto, un catalogo firmato Gangemi Editore, che raccoglie testi, immagini e testimonianze per raccontare, anche ai più giovani, il genio e la libertà di un uomo che non ha mai smesso di essere moderno.