“È l'amore, la forza che fa girare il mondo” Fortunato Calvino porta Fuoriscena a teatro – Intervista.

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“È l'amore, la forza che fa girare il mondo” Fortunato Calvino porta Fuoriscena a teatro – Intervista.

Il drammaturgo e regista Fortunato Calvino porta al Napoli Teatro Festival, “Fuoriscena” con due artisti straordinari, Antonella Morea e Gino Rivieccio, che interpretano due personaggi, Gloria e Manuele, con una forza e una grinta che hanno restituito all'autore la caratterizzazione da lui descritta. 
Fuoriscena è in prima nazionale al Teatro Nuovo di Napoli domani, 20 giugno alle ore 21.30 e 21 giugno alle ore 19.00.
Fuoriscena puoi raccontaci di cosa parla?
«Racconta di due solitudini, di due vicini di casa Gloria e Manuele. Gloria è un’attrice che si è ritirata dalle scene e si capirà il motivo vero che l'ha costretta a ritirarsi. È un personaggio odioso, antipatico, ostico, arrogante, molto preso dal suo ruolo di attrice famosa che è stata amata e odiata nell'ambiente teatrale. Si sentono voci che provengono da casa sua, forse una tv accesa, stralci di dialoghi del film Viale del tramonto, e con queste scene lei alimenta la sua solitudine e Gloria incarna un po’ il personaggio di Norma Desmond.».
E Manuele?
«Manuele è omosessuale ed è un impiegato, forse lavora alle poste, non si sa. Finiscono per conoscersi quando Amleto, il gatto di Gloria, entra in casa di Manuele e così inizia questo dialogo con il vicino, con il quale ha sempre rifiutato di rapportarsi. Lei lo conosce bene, conosce la sua vita, i suoi incontri e nasce così il primo scontro tagliente, al vetriolo, perché lei è omofoba, una conservatrice che rifiuta la diversità, anche se loro stessi sono due diversi e, in ognuno di loro, ci sono delle paure, soprattutto in Gloria, perdura la paura della solitudine, della vecchiaia, ma non svelo altro.».
Il testo è incentrato sulle diversità a confronto? 
«Manuele è un personaggio che contrasta con determinazione e orgoglio la scelta di aver vissuto una storia con un altro uomo e lei è ostile a questo rapporto, lo vede come qualcosa di negativo, poi è costretta a capire che cosa c'è dietro. Parlo di quella diversità oramai superata, siamo tutti diversi e abbiamo tutti le nostre esigenze, la nostra vita e che Gloria, a un certo punto, comincia a capire e rispettare.».

Fortunato Calvino
Testo scritto in napoletano?
«Il testo è in italiano perché ho voluto avvicinarmi a un teatro universale, la commedia ha dei momenti ironici grazie a questi ruoli che si diversificano. Gloria è un’attrice che recita sempre, anche quando dice le cose più serie ed è anche un modo di far passare certe tematiche che, dette diversamente, sarebbero pesanti e melodrammatici, invece lei riesce con leggerezza e ironia a raccontarle, tanto è vero che ogni tanto Manuele la blocca e gli chiede: “Adesso quale personaggio stai recitando?”, perché lei vive di questo suo passato. È un testo che ha un ritmo molto incalzante, le prime scene sono molto serrate e piacevoli e poi arrivano i momenti di riflessione dove viene fuori la storia di ognuno di loro, con i propri conflitti e tormenti. Sono delle isole, dove finalmente si confessano e si raccontano cose che non dicono da anni agli altri. È un rapporto che lentamente trova una solidarietà, queste due anime all'inizio si rifiutano, si odiano, si scontrano, soprattutto da parte di lei e, involontariamente da parte di lui, coinvolto dal gatto perso e trovano un punto d’incontro che li aiuterà per questo finale risolutivo.».
Qual è il significato del termine Fuoriscena?
«Fuoriscena è costantemente l’essere in una recita, la vita è un palcoscenico, un fuori scena continuo anche fuori dalla propria esistenza, costruirsi un personaggio e un qualcosa per colpire e lasciare un segno nelle persone che incontri.».
Com’è la scenografia, creata da Vittorio Barresi?
«La scena è molto essenziale, tutto si svolge in casa di Manuele ed è un interno da cui traspare un uomo che s'è lasciato andare, perché lui ha avuto un dolore dato da una grave perdita, ha perso il suo compagno e per cui questa trascuratezza la vediamo anche nell'ambientazione della casa.».
Come hai scelto i due interpreti, Antonella Morea e Gino Rivieccio?
«Nel momento in cui ho pensato di portarlo in scena ho cominciato a riflettere su chi poteva interpretare Manuele e mi sono subito ricollegato a Gino, un artista che seguo da molti anni e che stimo moltissimo nel panorama teatrale napoletano ed era l'unico, secondo me, che, in questo momento, poteva approcciarsi a questo personaggio e di non portare in scena il cliché dell’omosessuale che detesto. Oramai al cinema o in letteratura si è abituati da anni all’omosessuale che deve per forza pagare la scelta di esserlo che arriva addirittura alla morte. Io sono completamente contrario a questo tipo di scrittura autolesionista e il piangersi addosso e Gino incarna perfettamente questo tipo di personaggio, che non è checca o marchetta.» 


E con Antonella?
«Lavoro da molti anni con Antonella, abbiamo fatto più di dieci spettacoli insieme, da Cravattari a Malacarne e tanti altri testi. Quando ho riflettuto sul chi poteva essere Gloria, non poteva essere che lei, rappresenta quel mondo che io ho immaginato, non c'entra nulla la fisicità quando Antonella è in scena, la dimentichi e vedi la grande interprete che poi mi ha confermato la sua duttilità anche durante le prove. Gloria è un personaggio che amo molto poiché ho portato dentro storie vere dell'ambiente teatrale.».
Senza svelare naturalmente il finale. Qual è il messaggio che vuoi passi da quest’opera?
«Come autore non mi permetto di dare messaggi, direi suggerimenti e sicuramente pongo delle questioni, delle problematiche, delle tematiche che sono importantissime, soprattutto per ciò che riguarda il mondo lgbt. Credo che questi due personaggi rivelano e consegnano al pubblico un modo di vedere la diversità che non esiste, per cui è un messaggio con varie sfaccettature, nel rapporto tra i due ci sono altre tematiche importantissime, frasi che esprimono, soprattutto Gloria le dà con questa finzione recitativa ma hanno qualcosa d’importante e d’indicativo nel discorso esistenzialistico.
La vita senza amore è arida non ha nulla, nel testo è molto forte questa peculiarità, senza amore non si sopravvive, si diventa piccoli. L’amore è il sentimento forte che unisce e dà la possibilità di abbattere le barriere, l'amore non ha sesso per cui, secondo me, l'amore è la forza di questo testo, riuscire a recuperare quel rapporto che si è perso e che si diventa brutti, aridi se ci si chiude all'esterno e ci si chiude in una solitudine di rimpianti, bisogna invece amare, anche il cane, il gatto, la pianta o la natura. È l'amore, la forza che fa girare il mondo.».


FUORISCENA
di Fortunato Calvino
Interpreti Gino Rivieccio, Antonella Morea
regia Fortunato Calvino
scenografia Vittorio Barresi
costumi Sandra Banco
Disegno Luci Renato Esposito
Ass.te alla regia Pina Strazzullo 
Produzione Albertina Produzioni srl
Teatro Nuovo
20 giugno ore 21.30
21 giugno ore 19.00

durata 1 H circa
prima nazionale