"Atti osceni. I tre processi di Oscar Wilde” al Bellini di Napoli. Recensione

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"Atti osceni. I tre processi di Oscar Wilde” al Bellini di Napoli. Recensione

Il Bellini di Napoli fino al 2 febbraio presenta “Atti osceni. I tre processi di Oscar Wilde” di Moisés Kaufman per la traduzione di Lucio De Capitani e regia, scene e costumi di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia, un'opera teatrale che racconta la caduta di Wilde dal culmine della sua carriera fino alla prigionia e, infine, alla sua prematura morte.

Attingendo dai documenti reali dell'epoca, secolari trascrizioni di tribunali, articoli di giornali, varie lettere e telegrammi, per non parlare di epigrammi, autobiografie, ritagli letterari, commenti di George Bernard Shaw e altre fonti, si sviluppano i tre processi ad Oscar Wilde (Giovanni Franzoni), considerato il più grande drammaturgo e umorista della Londra del XIX secolo, derivanti dalla sua relazione con il bellissimo e molto più giovane Lord Alfred Douglas (Riccardo Buffonini), che lo portò a essere accusato di atti criminali di omosessualità.

Sul palco spoglio solo dei pannelli neri con al centro un videowall sul retro del palcoscenico, che all’inizio dello spettacolo reca la scritta “La verità è raramente pura e non è mai semplice”.

Giovanni Franzoni veste appieno il personaggio, mettendo in luce non solo l'arguzia, ma anche la profondità della sua mente e il potere della sua personalità. La rappresentazione stratificata, consapevole, sottile e intelligente dell'attore Franzoni offre una caratterizzazione di sfumature e potere, attirando l'attenzione del pubblico con una sicurezza di sé che Wilde stesso avrebbe invidiato.

             

Gli altri attori del cast Riccardo Buffonini, Ciro Masella, Nicola Stravalaci, Giuseppe Lanino, Giusto Cucchiarini, Filippo Quezel, Edoardo Chiabolotti e Ludovico D’Agostino, con le loro esibizioni impeccabili e appassionate, ricordano che, sebbene tempi e circostanze possano essere cambiate, le reazioni emotive umane rimangono le stesse, sottolinenando l'eterna battaglia tra arte e moralità e il modo in cui il potere esercita il controllo sulla vita privata delle persone.

Lo spettacolo, tra testimoni oculari, giornalisti, prostituti maschili, George Bernard Shaw e la regina Vittoria, inizia con la calunnia del Marchese di Queensbury (Ciro Masella), il padre di Bosie, infuriato dalla relazione di suo figlio con Wilde. Invia, infatti, un biglietto da visita a Wilde con una nota disdicevole, con su scritto lo strafalcione“Sondomita”, accusando pubblicamente Wilde di essere un sodomita, come un tentativo di fermare la relazione. Wilde reagisce schiacciando accuse di diffamazione contro Queensbury, e così inizia il primo processo. Gli altri due processi prendono di mira Wilde, nati dalle dichiarazioni fatte nel primo processo, dando opportune ragioni alle autorità di credere di essere coinvolto nell'atto illegale di sodomia. Alla fine, Wilde viene condannato e incarcerato per "aver commesso atti di indecenza grave con altre persone di sesso maschile".

Wilde non era nulla se non egocentrico e assomigliava a quelli che oggi difendono il proprio orgoglio gay, parlando di amori elevati e spirituali come gli antichi Greci, tra uomini più vecchi e più giovani. Il suo amore per la gioventù è l'amore di un artista per la bellezza, ma Wilde, durante un interrogatorio, fa una fatale scivolata, dicendo che non aveva mai baciato quel testimone che lo accusava di sodomia, perché il ragazzo era troppo brutto. Da quel momento, il destino di Wilde è certo, il genio portato alla rovina dall'ingiustizia.

Quello che successe dopo questi processi è deplorevole, in prigione emerge un Wilde sofferente e distrutto che incolpa il suo amato Lord Alfred “Bosie” per la sua caduta, morendo senza un soldo e in disgrazia. Lord Alfred si sposò, ebbe figli, divenne un simpatizzante cattolico e nazista, mentre Oscar Wilde ha sopportato senza motivo l'oscuro inferno sulla terra.

Teatro Bellini, dal 28 gennaio al 2 febbraio

Atti osceni. I tre processi di Oscar Wilde

di Moisés Kaufman

traduzione Lucio De Capitani

con Giovanni Franzoni, Riccardo Buffonini, Ciro Masella, Nicola Stravalaci, Giuseppe Lanino, Giusto Cucchiarini, Filippo Quezel, Edoardo Chiabolotti, Ludovico D’Agostino

suono Giuseppe Marzoli
luci Nando Frigerio

regia, scene e costumi Ferdinando Bruni, Francesco Frongia

produzione Teatro dell’Elfo