
Foto di ALfonso Maria Salsano
Il PalaSele di Eboli, tra onde di voci e luci di telefoni alzati, accoglie i Negramaro che salgono sul palco con quel piglio da band ormai matura ma affamata: consapevole del proprio patrimonio sonoro, ma desiderosa di esperienza. È l'inizio del tour Negramaro Palasport 2025, dopo il trionfo all'Expo di Osaka, segna il ritorno della band salentina nei palazzetti italiani e segna anche l'inizio di una nuova stagione al PalaSele di Eboli curata da Anni60 Produzioni.
L'apertura è un flusso di energia pura: Luna piena, Ricominciamo tutto e Contatto formano una triade che accende il pubblico, un crescendo che alterna elettronica, chitarre e quella voce che non sbaglia mai una vibrazione. Giuliano Sangiorgi saluta così: «Sogno o son desto? Ciao Eboli. Ciao Campania. Ciao casa. Da Roma in giù è tutta casa». E il pubblico esplode. Poi, quasi a voler trasformare la commozione in preghiera, accenna Canzone di Lucio Dalla. L'arena lo segue in coro, e quando parafrasa: Stare senza di voi mi uccide, il pubblico risponde con un'onda che travolge ogni distanza. È chiaro da subito: questa è una notte di appartenenza.
Arriva Fino all'imbrunire, e il suono si fa caldo, pieno, corale. Giuliano ringrazia: «Siete sempre stati con noi. Per un gruppo salentino avete fatto di tutto, e sono venticinque anni che viviamo questo sogno». Parte La prima volta e l'atmosfera si fa sospesa, poi il palco si trasforma. Una lunga introduzione strumentale apre Per uno come me: la band sceglie di attraversarla in versione progressive, dilatando il tempo, giocando con i silenzi, con le modulazioni di synth e chitarra. È una scelta ardita e perfetta: i Negramaro si concedono uno spazio di libertà, una parentesi musicale che mostra tutta la loro padronanza tecnica.
L'omaggio a Dalla ritorna potente con Come è profondo il mare: Sangiorgi accenna qualche parola con delicatezza quasi mistica, restituendogli il senso di mistero e verità che quella canzone porta da sempre. Poi Giuliano invita tutti a sedersi, ad abbassarsi. Cinque secondi di silenzio, poi, boom, esplode Nuvole e lenzuola. La platea diventa un mare in tempesta, le mani si alzano, i corpi pogano, e il suono cresce fino a diventare un urlo d'amore collettivo.
Segue un altro accompagnamento strumentale per poi introdurre Quel posto che non c'è, uno dei brani più identificativi della band: la melodia si scioglie in un coro unanime, come un abbraccio.
Da lì Berlino Est e Estate confermano la forza del gruppo: ogni passaggio è calibrato, ogni riff disegna architetture sonore perfette. A metà concerto, arriva il tributo a Pino Daniele con Mal di te. È un momento intimo e struggente, che unisce due Sud, quello salentino e quello napoletano, in un solo respiro. Giuliano chiudendo gli occhi, la voce si fa roca, e sembra parlare direttamente all'anima di Pino. Segue un set acustico: Solo 3 min, Cade la pioggia e la nuova Free Love, brano che dà il titolo all'ultimo album e che, dal vivo, suona come un atto di fede nella fragilità umana. Alla fine sul maxi-schermo appare la scritta Palestina libera!, Giuliano si ferma e dedica L'immenso “a tutti quei bambini che non ci sono più”. È il momento più commovente del concerto: il palazzetto intero canta, ma sottovoce, come in una veglia. Dopo Via le mani dagli occhi, la band esce brevemente di scena. Ma il pubblico non si muove: vuole ancora un pezzo di quella magia.
Rientrano con Marziani, giocosa e visionaria, poi l'immancabile Meraviglioso di Domenico Modugno, che Giuliano reinterpreta con una delicatezza quasi teatrale. I Negramaro accennano Relax dei Frankie Goes to Hollywood e inizia la travolgente Mentre tutto scorre: il brano che ha segnato la loro storia, suonato come fosse il primo giorno. Il Palazzetto si trasforma in un coro unico. Giuliano sorride, saluta con un filo di voce: «Ci vedremo presto, chissà… ». E sulle note di Parlami d'amore, i Negramaro chiudono una notte perfetta.
Il live di Eboli è stato un viaggio nel tempo e nell'anima. I Negramaro si confermano non solo una band, ma un organismo emotivo: sei corpi, una voce, una sola anima. Le versioni strumentali prog, le dediche, le pause, gli omaggi a Dalla, Daniele e Modugno non sono “citazioni”, ma dialoghi: segni di una band che conosce la storia e non ha paura di reinventarla.
Nelle interviste, Giuliano ha spesso detto che “ la canzone è più grande di noi ” e che i Negramaro sono “ una famiglia, non un gruppo ”. È questo che si sente a Eboli: un senso di comunione rara, dove ogni suono diventa gesto, e ogni parola vibra ancora nell'aria dopo l'ultimo accordo.