Nel cerchio delle donne. “L’Empireo” al Teatro Bellini tra forza corale e universalità
- di Francesco D'AcunzoAmbientato nel 1759, nell'Inghilterra rurale del Suffolk, L'Empireo di Lucy Kirkwood, fino al 9 novembre al Teatro Bellini di Napoli, porta in scena un apocrifo conclave di dodici donne chiamate a verificare la veridicità di una gravidanza affinché una giovane, accusata di omicidio, possa evitare la forca.
Le dinamiche che governano la votazione delle « matrone » saranno motore per una riflessione ampia e senza tempo sulla condizione femminile, sul corpo, la legge, l'autorità.
La regia di Serena Sinigaglia, con la traduzione di Monica Capuani e Francesco Bianchi, costruisce un affresco di presenze di forte coesione visiva: quattordici interpreti, tredici delle quali donne, occupa lo spazio scenico fin dal primo istante, disponendosi su una fila di sedie adiacenti, lungo una linea orizzontale che è asse visivo e simbolico della coralità che attraversa l'intero spettacolo.
Il resto dello spazio è sgombro da elementi scenici: quest'approccio minimale concentra l'attenzione sui corpi, sulle parole: tutto diventa un segno drammaturgico essenziale ma ricco.
Il linguaggio si intreccia alla narrazione in terza persona in un continuo passaggio tra racconto e azione, che restituisce la sensazione di assistere alla lettura di un romanzo polifonico e universale. Attraverso questo meccanismo dall'eco straniante, lo spettatore, più che immergersi empaticamente nei personaggi, viene chiamato ad osservare – o meglio, ascoltare – quanto narrato.
Il gesto, attraverso pose e movimenti minuziosamente orchestrati a comporre una partitura fisica misurata e suggestiva, trasforma il gruppo di donne - così eterogeneo in superficie - in un unico organismo scenico, compatto e pulsante.
Ogni donna viene presentata attraverso un'azione quotidiana, domestica: un gancio concreto in un'atmosfera inizialmente rarefatta, che radica l'attenzione. In questo modo, l'opera di Kirkwood riesce a dare voce a una pluralità di esperienze femminili che, pur inserite nel XVIII secolo, risuonano con sorprendente attualità.
Nel corso della vicenda, le dodici matrone, si ritroveranno costrette a confrontarsi non solo con l'ingombrante peso della responsabilità riguardo la sorte dell'imputata, ma anche con le proprie convinzioni, i propri pregiudizi e le prepotenze cieche di una legge scritta da uomini per un sistema amministrato da uomini: «saremo dodici donne che calpestano un tappeto di opinioni come fossero fatti. Voi ci state dando un'ora per prendere una decisione con la quale noi dovremmo convivere un'eternità».
Le discussioni assumono un ritmo sempre più serrato, in cui i conflitti di classe e di morale si intrecciano con momenti di solidarietà inattesa. La stanza fredda e inospitale in cui il gruppo viene trattato, da spazio di giudizio e costrizione, diventa progressivamente un luogo di confronto intimo e consapevolezza collettiva.
Serena Sinigaglia definisce L'Empireo «uno spettacolo militante, avvincente, divertente» e la sua lettura restituisce pienamente il senso epico e collettivo della scrittura di Kirkwood: è un testo che si spinge sulla soglia della storia, del genere, della legge e trova in questo allestimento un cast femminile solido, una regia attenta alla composizione visiva e dall'idea scenica forte.
(The Welkin)
traduzione Monica Capuani e Francesco Bianchi
regia Serena Sinigaglia
con (in o. a.)
dramaturg Monica Capuani
scene Maria Spazzi
costumi Martina Ciccarelli
assistente alla regia Michele Iuculano
disegno luci Christian LaFace
sound design Sandra Zoccolan
consulenza canora Francesca Della Monica
consulenza movimento Riccardo Micheletti
produzione Teatro Carcano, Teatro Nazionale di Genova, Teatro Stabile di Bolzano, LAC - Lugano Arte Cultura, Fondazione Teatro di Napoli - Teatro Bellini