Music & Theater

“In cerca di poesia tra il cemento e il cielo.”  Intervista ad Emilio Stella 

È uscito da pochi giorni il nuovo album di Emilio Stella, Suonato (etichetta e distribuzione Goodfellas) anticipato dal singolo “Attenti al cool”, il cui videoclip vede la partecipazione di Rocco Siffredi. Il disco contiene 11 brani con la voce colloquiale, giocosa, sensuale di Emilio che serpeggia tra canzoni narranti brucianti realtà, alcune vagamente politiche o che provocano un'incontenibile allegria.
Cantautore attivo da diversi anni nella scena indipendente romana, dove si è fatto conoscere per aver scritto brani sociali e ironici, “Panni e Scale (2011)” è il suo primo album, ma sarà il singolo “Capocotta non è Kingston”, nel maggio del 2014 ha portarlo all’attenzione non solo dal pubblico ma anche dai media.

Il primo singolo è Attenti al cool, una denuncia anche ai social. Tu che uso ne fai? O cosa odi e ami dei social?
«Cerco di farne un uso moderato, anche se è difficile. L'aspetto positivo dei social, per chi fa musica, è sicuramente che si ha la possibilità immediata di condividere la propria arte o il proprio talento. L'aspetto negativo è che genera dipendenza per chi cerca solo consensi e approvazione.» 
Attenti al cool è accompagnato da un ironico video. Com’è nata l’idea? E come hai conosciuto Alessandro Sardelli, giovane promettente attore e, soprattutto, quel folle di Rocco Siffredi?
«L'idea del videoclip nasce da Gilberto Martinelli, regista, documentarista storico e David di Donatello come fonico di presa diretta per il film su Pasolini, "La macchinazione". Nello stesso ha recitato anche Alessandro Sardelli, facendo un'ottima interpretazione nel ruolo di Pino Pelosi. Ci sembrava giusto coinvolgerlo in una parte completamente diversa e devo dire che è stato bravissimo. 
L'incontro con Rocco fu casuale, ma mi è sembrato un segno. Avevo appena finito di scrivere il brano con quel titolo... in quel periodo, sempre insieme con Gilberto Martinelli, ci trovavamo per un mini tour a Budapest, al Szimpla Kert e all'Istituto Italiano di Cultura in Ungheria, dove appunto vive Rocco. Quando l'ho visto gli ho proposto di fare questo cameo ed è stato simpaticissimo accettando subito e stando al gioco.»

           
Suonato, il tuo nuovo album è una sorta di canzoniere da cantastorie. Ogni canzone è un affresco della quotidianità… quanto la tua osservazione fermenta?
«Sono sempre in fermento. In cerca di poesia tra il cemento e il cielo. Mi difendo dallo schifo guardando il bello, raccontando con una penna un paesaggio, un'emozione o un pensiero. Senza questo non riuscirei a sentirmi vivo.»
Marcella… La gattara… chi sono per te e che importanza dai a questi personaggi?
«Sono due personaggi, o meglio due persone che incontro spesso e vedo gironzolare per la periferia. Persone che vengono giudicate dall'apparenza. Io ci ho voluto parlare, capire. Conoscendo entrambe nella realtà, mi hanno dato spunti per riflettere, non solo sulla loro storia, ma anche su me stesso e sulla società. Quindi direi che sono molto importanti.»
Mi piacerebbe sapere qualcosa di più sul tuo background prima di entrare nella scena musicale... come hai iniziato a fare musica?
«Mio nonno paterno costruiva chitarre. All'età di 11 anni me ne regalò una fatta con le sue mani. In casa sua e di nonna era pieno di strumenti musicali, oltre ai dischi di De Gregori, Rino Gaetano, Dalla,  De André.»
Crescendo, la musica è sempre stata una parte importante della tua vita? Riesci a ricordare la tua prima esperienza musicale in assoluto?
«Sì, la mia prima esperienza fu a 12 anni. Nonno era morto da poco e a me rimase quella chitarra. Imparai i primi accordi. Mi veniva naturale associare al suono emesso dello strumento, delle parole. Cominciai così a scrivere canzoni e a farle ascoltare nel cortile sotto casa.»
Qual è stata la più grande sorpresa finora nel fare della musica nella tua carriera? C'è stata una sfida inaspettata o gradita a tutto questo?
«La più grande sorpresa è stata quando dal nulla, nel 2014, scrivo un brano per divertimento e lo metto su Youtube insieme a un video girato con gli amici.
"Capocotta non è Kingston" diventa subito virale e suscita l'attenzione di giornali e tv. Dopo due giorni ritrovo la mia faccia e il mio nome pronunciato a Studio Aperto su Italia Uno. È stato oltre che sorprendente anche un po' destabilizzante perché non me lo aspettavo.
Una sfida inaspettata è il teatro canzone. Sto scrivendo uno spettacolo ambientato alle case popolari dove sono cresciuto.»

             
Quando arrivano le tue idee? Segui una formula quando scrivi?
«Magari lo sapessi! La scrittura di una canzone, come l'arte in generale, nasce in maniera naturale e da un'ispirazione improvvisa. Non ho formule come i maghi, ma quando arriva quel momento, è davvero una specie di magia.»
Qual è la cosa più strana che ti sia mai capitata mentre lavoravi a una canzone?
«Mentre ero in macchina di notte. Cantavo un motivo che mi girava in testa e a un certo punto, guardando il cielo, credo di aver visto un ufo.» 
Quale canzone hai avuto più problemi a scrivere di questo album?
«Tutte e nessuna. Ognuna ha avuto il suo tempo. Nessuna di queste è stata un problema, anzi molte sono state uno sfogo, un rimedio, una cura per vivere meglio.»
Hobby? Come trascorri il tempo libero… se ne hai… o ti costringi a rilassarti…
«Eh! A parte fare musica? Il calcio è la mia seconda passione. Mi piace giocare e sono tifoso della Roma, tanto che anche nel disco ho dedicato una canzone alla storia di Francesco Totti.»