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"Tutta un'altra vita" è il nuovo film di Alessandro Pondi. Intervista

Siamo felici? È la domanda che Alessandro Pondi ha posto alla base del suo ultimo lavoro “Tutta un'altra vita” con Enrico Brignano, Ilaria Spada, Paola Minaccioni, Monica Vallerini, Paolo Sassanelli, Maurizio Lombardi, Daniela Terreri, Giorgio Colangeli, Gabriele Lustri, Giordano Di Cola, Rossella Brescia, Irene Antonucci e Elio Pagano prodotto da Rodeo Drive e Rai Cinema e distribuito da 01 Distribution.

Alessandro Pondi, regista e sceneggiatore, ci ha presentato il film e si è raccontato alle nostre pagine.

Qual è la domanda che è posta alla base del film che poi hai sviluppato?

«La domanda è: Siamo felici? Sin da bambino, sono stato un grande osservatore e questo, penso, sia un momento particolarmente difficile per il nostro Paese e per il mondo in generale. Mi accorgo che siamo tutti a rincorrere qualcosa, è come se certi sogni e certi obiettivi, che ci si prefigge quando si è molto giovani e che si vogliono raggiungere, ad un certo punto vengano dimenticati, lasciati andare, perché è troppo faticoso, è troppo difficile ed è tutto troppo veloce. Il mondo è diventato fruibile in un nanosecondo e spesso la gente si trova a fare quello che ha trovato e non quello che aveva sognato e si crea insoddisfazione e infelicità. In un paese dove il lavoro non è riconosciuto, gli studi neanche e si diventa famosissimi perché si sta ore incollati a YouTube con la telecamera davanti, certi valori si sono un po' persi e allora mi sono domandato: “Nel mezzo del cammin di nostra vita siamo realmente soddisfatti di quello che stiamo facendo o avremmo voluto fare altro?”. Quante volte ci troviamo in un punto di non ritorno, perché la vita ti ha dato un figlio e una moglie, magari sbagliata e che non la ami più e ti accorgi che avresti voluto fare un lavoro diverso e, quindi, i tuoi sogni li hai smarriti, li hai abbandonati. Allora quanto sarebbe bello, per poco, provare a fare quello che veramente ci fa ancora emozionare? Ed è proprio questa la mia domanda di base».

C'è un aspetto del film che mi ha particolarmente incuriosito ed è il ripetersi in tutto il film del numero 7. Gianni, taxista, il protagonista del film, interpretato da Enrico Brignano, lo vede quando è fermo al semaforo in attesa del verde, la coppia che accompagna all'aeroporto interpretata da Monica Vallerini e Paolo Sassanelli resterà alle Maldive 7 giorni. 7 è il numero che viene assegnato a Gianni alla gara di ballo. Il numero 7 vuol dire trasformazione, evoluzione, però 7 sono anche i vizi capitali la cui trattazione, secondo me, viene sfiorata nel film...

«Esatto, 7 è anche il numero scelto alla roulette da Gianni. Il 7 perché è l'evoluzione e poi perché nel film io gioco sulla settimana, quindi sono sette giorni di sogno e di vacanza dalla propria vita perché l'idea di base è anche “Vorrei prendere una vacanza dalla mia vita”. Sui 7 vizi capitali, bella interpretazione. Il numero sette racchiude un po' tutto, anche la settima arte che è il cinema. I vizi capitali è un argomento che mi interessa molto, infatti, in passato scrissi un soggetto sui sette vizi capitali.»

Nel film ho visto, ad esempio, la gola intesa coma la propensione a mangiare solo pietanze pregiate e costose. Ci può essere l'invidia di Gianni nei confronti della vita di Temistocle, la persona della quale s'impossessa della vita o l'accidia, nel senso che Gianni conosce i suoi impegni, ma pur di non assolverli ne ridimensiona la portata...

«Certo, c'è anche la superbia quando diventi importante come quando Gianni va al party.»


Enrico Brignano, che interpreta Gianni, è un attore straordinario, conosce i tempi comici, ha in se la vena comica ma anche la vena drammatica e garantisce quel cambio necessario al momento giusto. Conosce anche il “lato oscuro della luna” e quindi è in grado anche di scherzarci su e sa come farlo e quando farlo...

«Quello che ho cercato di fare avendo Enrico Brignano, che è un grandissimo attore, era un film di altri tempi, io amo la commedia all'italiana, quella dolce e amara, dove spesso c'è un finale aperto quindi è più un film comico/drammatico ed ho voluto togliere la farsa, ho voluto fare una commedia dove si potesse ridere ma anche riflettere sulla propria vita e quindi ha quelle sfumature di amarezza che lo differenzia dal film comico. Direi che è una commedia amara, come si faceva una volta. Il fatto che esistessero due registri veniva già fuori dalla scrittura, devo dire che Enrico è un maestro, è un grandissimo attore. È più difficile far ridere che piangere ed Enrico ha tutte e due le corde. Quando ho scritto inizialmente la sceneggiatura, non ho pensato agli attori, non lo faccio quasi mai, io ho pensato esclusivamente ai miei personaggi, poi, in un secondo momento, mi sono guardato intorno perché quello che volevo era un attore un po' sordiano e secondo me Enrico Brignano è l'attore che si avvicina di più al nostro Alberto Sordi, è romano, ha il graffio di Alberto e riesce a passare dalla commedia al dramma in un secondo, il suo è un dono. Certo lui è preparatissimo, esce dalla scuola di Proietti, però è un dono avere questa caratteristica.»

Gianni nella vita si è sempre accontentato, all'inizio dice che si sarebbe accontentato di un 5+1 o un 5, non dice di un 6. Cos'è quindi che spinge Gianni a decidere di vivere la vita di Temistocle, la voglia di prendere i propri sogni, di non volersi più accontentare, la voglia di scegliere e non prendere solo le cose così come vengono?

«Esatto, lui dice adesso è arrivata a me questa fortuna e quindi la prendo tutta. L'occasione fa veramente l'uomo ladro. Gianni quando entra nella villa di Temistocle vuole solo farsi un bagno, quando vede la piscina lui è un uomo che sta lavorando, sono tutti in vacanza e quindi è un uomo un po' schiacciato dalla sua vita, che ormai detta le regole al posto suo, e quando entra nella villa, l'idea è solo di farsi un bagno tanto poi tornerà tutto come prima, però, quando metti il dito nella marmellata, poi la marmellata la finisci. Lui vuole vivere una vita diversa dalla sua, sta cercando una trasgressione dalla propria vita. Il rischio di accontentarsi sempre è quello di non sapere chi sei tu veramente e che cosa volevi realmente ed allora il fatto già di scappare da quello che stai facendo per fare altro è già un momento di libertà, di trasgressione e di gioia »

Si vede chiaramente che Gianni, all'inizio della sua “nuova vita” è fuori posto. Al white party si presenta con uno smoking nero, alla festa dello stilista, interpretato da Maurizio Lombardi, prende il calice di champagne alla base della piramide e fa cadere tutti gli altri, quasi uccide la madre dello stilista con un anacardo....

«Si perché lui è comunque un eterno bambinone lui è come se fosse salito su un giostra per la prima volta, è rimasto quel personaggio tenero così distante da quel mondo lì, lui entra in quella vita e non sa come muoversi all'interno.»

Lola, il personaggio interpretato dalla bravissima Ilaria Spada, vive la sua vita ma fa credere, al padre, di essere tutt'altro...

«Anche Lola, come tutti i personaggi, vorrebbe migliorare la propria esistenza. Lei dice di non credere nell'amore perché, in passato, ha avuto delle esperienze negative ed ha deciso di non pensare più all'amore, ma a godersi la vita al massimo. Per lei, vivere la vita al massimo, vuol dire vivere nel lusso e nell'agiatezza ad essere in una classe sociale diversa da quella di appartenenza, però, in fondo, anche lei nasconde una grande fragilità perché anche se nega l'amore, è alla ricerca disperata di qualcuno che la ami e quando arriva il padre, ha identificato in Gianni quell'uomo che potrebbe amarla, forse vorrebbe rimangiarsi tutto e tornare indietro e sperare che il sogno si avveri. Però, forse, lei è una donna che non si accontenterebbe soltanto dell'amore, dice di voler sentire le farfalle nello stomaco, però dopo la fase dell'innamoramento, c'è sempre il declino. Il personaggio di Lola però ha un gran cuore».

C'è una frase, il cui significato è molto profondo, detta da Alfredo, il padre di Lola, personaggio interpretato da Giorgio Colangeli: "se la vita ti offre pomodori tu fai la salsa". Cosa vuol dire che sta a noi trovare il modo migliore di far avverare i nostri sogni, saperli realizzare usando al meglio quello che la vita ci offre?

«Esatto, infatti, lui dice: “Io sono stato un uomo fedele tutta la vita, anche quando mia moglie se n'è andata. Anche se la vita mi ha offerto mille occasioni, io non le ho mai prese e forse ho sbagliato”. Sicuramente lui è un personaggio molto positivo. Alfredo dà un consiglio a Gianni, incastrato nei propri sogni da cui difficilmente riesce ad uscirne, ci sono molte complicazioni, c'è la moglie e i figli. Gianni non ha il coraggio di fare quel salto».

Lorella è la moglie di Gianni, interpretata dalla bravissima Paola Minaccioni, ed è lei che in famiglia porta i pantaloni, sulla quale grava tutto il peso della famiglia...

«Come del resto spesso accade, perché la donna è sempre un po' il timone della famiglia, soprattutto, quando ci sono dei figli e quando il marito, per lavoro, sta lontano da casa molto tempo. Anche Lorella vorrebbe una vita diversa, però lei se n'è fatta una ragione, forse ha buon senso e mette da parte certi suoi sentimenti per il bene degli altri, è un personaggio molto altruistico».

C'è un personaggio al quale sei affezionato e che ti piace riproporre nei tuoi lavori?

«Più che un personaggio, in questo caso, c'è un attore che è Maurizio Lombardi, che nel film interpreta lo stilista. Mentre nel mio primo film, “Chi m'ha visto”, interpretava il prete Don Julio. È un personaggio che è un po' una macchietta, è l'unico personaggio che faccio recitare un po' sopra le righe ed è la maschera della nostra vita, rappresenta un po' la trasgressione e il gioco. Quindi, il personaggio della trasgressione me lo porto sempre dietro. In assoluto mi piacciono i personaggi un po' negativi rispetto a quelli positivi (ride)».

Nel tuo precedente film “Chi m'ha visto”, invece, la domanda alla base del film è diversa. Anche lì ritroviamo personaggi delusi della propria vita, annoiati, ma la domanda di partenza è “È meglio essere o apparire?”. Mi viene in mente Laura interpretata da Oriana Celentano che forse è stanca della sua vita e ne vorrebbe un'altra e pur di apparire sarebbe disposta a tutto o chiaramente lo stesso Beppe Fiorello, che interpreta Martino Piccione, bravissimo chitarrista, ma che vorrebbe essere il protagonista della scena e non solo il chitarrista di un cantante famoso...

«Esatto, c'è una grande denuncia del mondo in cui viviamo, con la sovraesposizione, con instagram, con tutti i social network e con tutti i programmi non culturali, ma soltanto di esposizione che ci hanno portato a pensare che l'apparire sia più importante dell'essere. Quindi, un artista che ha talento, ma non ha la faccia giusta e non ha molti followers, è come se non avesse l'arte in se e, secondo me, è un'assurdità immensa. Alla domanda è più importante essere o apparire, dico che è molto meglio essere, ma oggi sembra, purtroppo, che l'apparire sia meglio dell'essere. In “Chi m'ha visto” anche la madre di Martino Piccione la vediamo in televisione con una messa in piega fotonica (ride) e per lei è più importante essere in quel salotto televisivo che, forse ritrovare suo figlio. Chiaramente con quel film sono andato nel grottesco almeno nel concetto. Il soggetto di questo film l'ho scritto insieme a Beppe Fiorello e Paolo Logli e anche insieme a un mio carissimo amico Martino De Cesare, un grandissimo chitarrista che ha suonato con Bennato, con Fabio Concato, con grandi musicisti italiani. Al giorno d'oggi è più importante il nostro talento o la percezione che diamo agli altri di quello che siamo? Ed allora il gioco di sparire mi sembrava più moderno perché, stando fuori, capisci anche i sentimenti che hanno nei tuoi confronti perché, osservando dall'esterno chi ti sta intorno, tu capisci effettivamente quello che pensano di te. Oggi non sai quello che la gente pensa realmente di te perché è più facile mettere un like e in un "mi piace" ci sono mille sfumature: “Ma cosa ti piace di me?”. Oggi, paradossalmente,  sparire, quando ci sei stato, attira di più l'attenzione su di te, quindi meglio sparire che andare in sovraesposizione».

Prima abbiamo parlato di “pomodori” e “salse” a me, alla fine delle interviste, piace fare una domanda: Se tu fossi un piatto che piatto saresti e perché?

«I cappelletti romagnoli con il ragù, perché sono romagnolo, li adoro e li mangio fin da quando sono bambino. I cappelletti hanno una lavorazione certosina, sono fatti a mano e non si riescono a riprodurre con la macchina. Ricordo, quando ero in Romagna, queste grandi tavolate con la nonna, ci mettevamo tutti li con i cappelletti e, in quel momento, si parlava, si comunicava e ci si raccontava. È uno di quei piatti che più che mangiarli penso alla preparazione, al momento di convivialità e di racconto».

Siamo sicuri di vivere la vita che abbiamo sempre sognato e se così non fosse, dobbiamo rassegnarci e continuare ugualmente a viverla? Io credo che, quando si ha un sogno, una passione o una vocazione, non ci sia età che impedisca a noi stessi di realizzare i nostri sogni.