Viviamo in una società confusa, moralmente e socialmente. Intervista ai Profugy

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Stato confusionale è il secondo album del giovane trio napoletano Profugy (Uroboro Music) undici tracce, scritte e arrangiate da Max Lauritano, che oscillano tra il folk e il pop-rock missato da Michele Voltini per Blue Beat Studio e masterizzato da Giovanni Roma.

I Profugy sono Massimiliano Lauritano voce e chitarra ritmica; Francesco Petrone chitarra e lap steel e Luca Buonaiuto al basso acustico, mentre al disco hanno collaborato Francesco Pandico alla batteria e percussioni e Andrea Esposito al violino. Attualmente sono in tour per presentare Stato Confusionale dal vivo, queste le prime date: 01 febbraio sono al Dieci Hp di Marigliano (NA), il 2 febbraio al Tarumbò di Scafati (SA) e il 15 febbraio al Materiacafè di Roma.

È stato difficile scegliere il nome alla band? Quali erano gli altri nomi che avevate considerato? E cosa rappresenta per voi questo nome?

«Il nome Profugy è stato scelto prima ancora che il progetto prendesse vita. Viaggiavamo molto e suonavamo un po' dove capitava con le persone che incontravamo in giro per l’Italia e l’Europa. Non abbiamo considerato mai altro nome, anche perché il tutto è nato così, senza pensarci molto, ci piaceva accostare la nostra visione della vita a quella di un profugo che cerca disperatamente se stesso, in una società che non gli appartiene.»

Come vi siete conosciuti e quando avete formato la band? Ricordate il primo momento in cui pensavate di creare una band insieme e fare musica?

«Il frontman Max aveva un suo progetto da cantautore solista, ma forse non gli bastava, cercava la condivisione, un modo per confrontare i suoi pensieri musicali. Ci siamo conosciuti nel 2013 all’incirca anche se nella testa di Max il progetto fu pensato già nel 2010. Poi nel 2015 abbiamo ufficialmente formato la band composta attraverso amicizie comuni. Si è creata subito una sintonia. Per la longevità di una band è importante la fiducia e il rispetto reciproco. Siamo molto legati, oltre al rapporto “musicale”, si è instaurata una bella amicizia che si evidenza nei nostri concerti e si estende alle nostre vite private.»

In che modo la scena musicale di Napoli vi ha influenzato nel lavoro di questo album, Stato confusionale?

«Stato Confusionale ha radici non molto recenti. Alcune canzoni sono state scritte più di quattro anni fa quando la scena musicale napoletana non era ancora così presente. Abbiamo voluto raccogliere tutto in questo album. Napoli ci influenza ogni giorno, la sua forte identità incide molto sulle nostre scelte e la nostra quotidianità musicale. A parte i testi per la maggior parte in dialetto però ci sentiamo di dire che è più una influenza implicita, velata, incosciente. Non rappresentiamo Napoli con la nostra musica e non abbiamo la presunzione di pensarlo. Stiamo notando che moltissime giovani band “napoletane” stanno uscendo come i funghi. Tutto ciò è bello ma nello stesso momento pensiamo si stia ricorrendo al termine “napoletano” un po' troppo spesso e con troppa superficialità.»

Com'è stato il processo di produzione e registrazione del vostro nuovo album, Stato confusionale?

«Dopo l’uscita del primo Ep nel 2015 e aver fatto più di cento concerti fino alla seconda metà del 2016, è iniziato il lavoro in studio. Avevamo le canzoni ma dopvevamo cucirle addosso alla nuova identità che ricercavamo. Abbiamo conosciuto molte persone in questi anni che ci hanno dato una mano in questo processo, il lavoro di un anno con un’etichetta di cui non facciamo il nome ha influito molto sulla nostra visione delle cose e della musica in generale. Il percorso è stato duro e in salita dato che dopo tutto il lavoro di ricerca ci siamo trovati senza un prodotto finito per vicissitudini varie e opinioni diverse rispetto alla produzione. Abbiamo deciso di autoprodurci o meglio creare una nostra produzione (uroboro music) affiancati ovviamente da esperti del settore come Michele Voltini (mixaggio) e Giovanni Roma (mastering). Abbiamo letteralmente creato uno studio presso la scuola di musica di Francesco Pandico (batterista della band) comprato tutto quello che ci serviva per registrare il disco con un qualità che ci permettesse di far concorrenza al mercato odierno. Alla fine fortunatamente abbiamo raggiunto anche il successo della campagna di crowdfounding su Musicraiser che ci ha permesso di finanziare in parte il progetto. Ecco stato confusionale rispecchia anche questi anni di “confusione” per noi, anni di scelte e ricerca della nostra identità musicale.»

E per il songwriting? C’è un processo collaborativo di tutta la band?

«I testi sono stati scritti da Massimiliano e revisionati tutti insieme. Nel corso del tempo hanno subito accorgimenti in linea con le idee di ognuno, i pensieri che volevamo esprimere.»

Stato confusionale descrive l’arco intero di una vita umana e voi avete raccontato storie in canzoni di alcuni personaggi e anche di un cane… sono persone che avete realmente incontrato sulla vostra strada?

«Sono persone che abbiamo incontrato realmente e situazioni che ci sono capitate in prima persona. Il cane Nerone è davvero il cane simbolo del nostro paesino Palma Campania. Siamo partiti dal particolare per esprimere un concetto universale che potesse rispecchiare le vicende di un individuo qualunque alle prese con la propria vita. Speriamo fortemente che l’ascoltatore possa immedesimarsi in almeno uno stato d’animo descritto in una nostra canzone.»

Quali sono alcuni dei temi centrali che avete scelto di soffermarvi su questo disco? E qual è il vostro messaggio?

«Stato confusionale esprime metaforicamente la nascita. È lo stato d’animo suscitato dalla constatazione della realtà. Da lì ogni canzone esprime uno stato d’animo diverso collegato a un periodo preciso della vita di ogni individuo. Più che temi quindi sono stati d’animo. In una società presa dalla frenesia e dalle convenzioni cerchiamo di esprimere un messaggio di consapevolezza. Esprimiamo lo stato d’animo nostro collegato a tutti i nostri coetanei che devono prendere delle decisioni importati che potrebbero inevitabilmente cambiare il corso della vita. Viviamo in una società confusa, moralmente e socialmente. Ecco noi cerchiamo di capire quale sia la strada giusta per noi in mezzo a questo caos. Pensiamo che tutto quel che ci serve per stare bene a volte è nascosto proprio vicino a noi, bisogna sapere solo osservare bene.»

Sappiamo che è una domanda difficile da rispondere, ma c'è una traccia di Stato confusionale che incarna davvero il vostro orgoglio come band?

«Quella canzone speciale, quella più interessante, quella che era impossibile da scrivere, ma vi siete innamorati comunque ... Potremmo dire proprio Stato confusionale, la traccia che da il titolo all’album. È forse quella a cui siamo più legati perché oltre ad esprimere chiaramente il nostro concetto è stata la prima canzone che ha dato l’input per il filo conduttore che poi si è creato.»

C’è un tour di presentazione del vostro album, cosa devo aspettarsi le persone? Che tipo di spettacolo devono aspettarsi?

«Le persone devono aspettarsi concerti sinceri. Spettacoli che in qualche modo vogliono far riflettere pur mantenendo un clima spensierato, perché in fondo la musica è arte ma soprattutto divertimento. Le nostre canzoni sono cucite addosso al tipo di performance che proponiamo, momenti di riflessione alternati a situazioni in cui c’è da ballare. Proponiamo un viaggio fatto di condivisione e stati d’animo, ognuno può rispecchiarsi nelle situazioni e nei discorsi che affrontiamo.»