Scene da un matrimonio di Ingmar Bergman al Mercadante di Napoli fino al 14 aprile 2019. Recensione

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Scene da un matrimonio di Ingmar Bergman al Mercadante di Napoli fino al 14 aprile 2019. Recensione

Il regista Andrej Konchalovskij firma per lo Stabile di Napoli uno dei lavori più noti di Ingmar Bergman: Scene da un matrimonio.

Lo spettacolo ha debuttato lo scorso anno al Napoli Teatro Festival, riscuotendo ampi consensi di pubblico e critica con lo scopo di omaggiare il famoso regista svedese nel centenario della sua nascita.

Tutti ricordiamo l’omonimo film del 1973 con Liv Ullmann e Erland Josephson, vincitore della Palma d’oro al Festival di Cannes, girato in seguito a un sceneggiato per la televisione svedese, ideato dallo stesso Bergman e suddiviso in sei capitoli: Innocenza e panico- L’arte di nascondere lo sporco sotto il tappeto -Paola- Valle di lacrime-Gli analfabeti- Nel pieno della notte in una casa buia in qualche parte del mondo.

La versione proposta al Teatro Mercadante in parte se ne discosta per scelte di regia e per tempi ristretti. Mancano, infatti, le interviste rilasciate dai coniugi, il dialogo di Marianne, avvocato divorzista, con una sua cliente che decide di lasciare il marito e la scena finale che vede i due coniugi non andare nella casa di montagna, dove hanno trascorso i loro momenti più felici, ma a casa di un amico della coppia dove ritrovano la passione perduta. Queste scene nel film avevano una loro ragion d’essere perché sottolineavano gli umori della coppia e consentivano allo spettatore di comprendere al meglio la crisi familiare.

Tuttavia, il regista Andreij Konchalovskij riesce a raccontare in modo chiaro le dinamiche relazionali tra Marianne e Johan ricorrendo alla bravura degli interpreti: Julia Vysotskaya e Federico Vanni che prendono i nomi di Milanka e Giovanni.

Ben affiatati sulla scena recitano con convinzione le battute e non fanno rimpiangere i grandi interpreti del film .

Nella versione proposta al Mercadante la vicenda è ambientata a Roma negli anni ’70. Una coppia apparentemente felice “scoppia” in seguito alla decisione del marito di abbandonare il tetto coniugale per una studentessa. Tra i due coniugi chi si rivela il più forte è Milanka, nei confronti della quale, il suo ex marito vorrebbe continuare ad avere una sorta di possesso non concedendole il divorzio.

Tutto l’impianto dello spettacolo, come nel film, è fondato sulla parola, sui gesti, sul comportamento, sul non-detto. Le dinamiche coniugali vengono esplorate in ogni dettaglio e mettono a nudo i compromessi e il perbenismo di fondo sui quali si regge un rapporto ormai logorato dal tempo.

Il marito confida alla moglie di essersi innamorato di un’altra donna con quel sottile piacere di vederla umiliata e disposta a tutto per riconquistarlo.

Lo spettacolo è una guerra di sentimenti, prima inespressi e poi gridati sulla faccia dell’altro, è un “gioco al massacro” nel palleggiare offese e risentimento, gelosia e disperazione, possesso e rabbia, incomprensione e rimorsi.

Eppure i due coniugi si cercano disperatamente e questa crisi matrimoniale costituisce la premessa di una nuova modalità per manifestare il loro amore come non lo hanno mai fatto durante i dieci anni di “forzata”convivenza.

Il regista Andrej Koncalovskij coglie la profondità e l’attualità del lavoro di Ingmar Bergman che è stato uno dei registi che ha indagato di più sulle fragilità degli uomini e le loro passioni e sulla difficoltà dei rapporti umani attraverso un’analisi minuziosa delle emozioni e dei sentimenti.

La regia è attenta, puntuale senza sbavature di sorta nell’evidenziare le difficoltà di comunicazione tra i due coniugi.

Le scene che riproducono fedelmente un appartamento borghese degli anni ‘70 e i costumi sono di Marta Crisolini Malatesta, le luci di Gigi Saccomandi.

Ci ha colpiti una frase di Giovanni:«Non siamo che analfabeti dal punto di vista sentimentale. Ci hanno insegnato tutto, ma l’ignoranza su noi stessi è praticamente totale».

L’esortazione “Conosci te stesso”, massima religiosa greco antica inscritta nel tempio di Apollo a Delfi deve essere completata dalle parole “attraverso me”, in un rapporto di coppia.

La conoscenza di se stessi deve avvenire attraverso la conoscenza della persona che ci sta accanto e che ci completa. Capire l’altro e comprenderne i bisogni, gli stati d’animo, le paure e le incertezze, le fragilità e i punti di forza devono essere alla base di un Amore che non teme il trascorrere del tempo.