«Riesco a essere comica nel drammatico e tragica nel comico. Così percepisco la vita.» Intervista a Giuliana De Sio

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«Riesco a essere comica nel drammatico e tragica nel comico. Così percepisco la vita.» Intervista a Giuliana De Sio

Giuliana De Sio con una splendida carriera cinematografica e teatrale alle spalle e con una gamma straordinaria di ruoli continua a sorprendere il pubblico, come con il suo ultimo spettacolo teatrale “Le Signorine” di Gianni Clementi, traduzione Antonio Grosso, per la regia Pierpaolo Sepe accanto ad un’altra strepitosa attrice Isa Danieli, con la produzione del Nuovo Teatro di Marco Balsamo.
Due grandi attrici teatrali che si spingono l'un l'altra a nuovi livelli, essendo entrambe appassionate di rischi entusiasmanti e ambiziosi professionalmente ed entrambe regalano allo spettatore uno spettacolo ricco di sfumature oscillanti tra il comico e il drammatico. Sicuramente è uno degli spettacoli teatrali più affascinanti e inediti dell'anno, uno di quelli che catturerà un'enorme quantità di pubblicità e commenti, un melodioso melodramma di odio, vendetta e omicidio, un drama horror di alta classe, nella vena di Hitchcock, con esibizioni virtuosistiche di Isa Danieli e Giuliana De Sio e momenti sia accesi di umorismo aspro sia commoventi inondati di tenerezza, in cui infuria la fragilità della vita e l’indegnità della vecchiaia. Una frustrazione agonizzante e contrastante contrappone le caratteristiche delle due sorelle, Rosaria e Addolorata, zitelle e anche zoppe, con una relazione sado-masochista che li lega tra loro. La Danieli, Rosaria, incarna alla fine, in modo commovente, tutta  la sua vulnerabilità tremante dopo aver avuto per tutta la vita una spina dorsale d'acciaio contro una Addolorata, Giuliana De Sio, una sempliciotta vuota che convive con la sua fragile amarezza di cui la sorella è sempre stata la sua spina dorsale.
Da chi l’è stato proposto questo soggetto de “Le Signorine”?
«In sostanza sono il capo di questo progetto, stavo leggendo alcune cose per trovare un’idea per la stagione teatrale e ho scovato questo testo, che aveva un altro titolo, di Gianni Clementi, un autore che conoscevo poco di cui avevo già visto uno spettacolo teatrale, L'ebreo, e mi era piaciuta la scrittura. È uno spettacolo puramente comico, io ho riso molto leggendolo. Era scritto in romano, ma poi lo abbiamo tradotto in napoletano ed ha assunto tutto un altro spessore. Dopodiché ho intuito che uno spettacolo non poteva essere solo comico, anche se sono molto attratta dalla comicità e penso che la gente, in questo momento, abbia bisogno di ridere. Per quanto fosse brillante la scrittura, mancava qualcosa, uno spessore drammatico che si potesse accompagnare a questo tratto comico e siccome i due personaggi principali sono due disgraziate, due poveracce, due persone segnate nel corpo da una malattia visibile ad occhio nudo, sono due zoppe poliomielitiche con due arti artificiali e, quindi, c'era già il dramma. D'altra parte non c'è miglior commedia che non parta dal dramma, allora, ho pensato di approfondire il testo, aggiungendo e mettendoci dentro ogni tanto tra le righe delle scene, dei pezzi di teatro che portassero il pubblico piano piano verso una tragedia, che, in realtà, non c'era nel testo e che, secondo me, poteva starci benissimo dentro e abbiamo fatto questo lavoro un po' violentando il testo, ma con il benestare dell'autore. Abbiamo violentato sempre di più, dico abbiamo, ma in realtà l'ho fatto io, però c'era sempre lui dietro le mie spalle cui sottoponevo quello che si scriveva.» 

                             
Poi come ha messo insieme il tutto? Com'è caduta la scelta su Isa Danieli…
«Ho chiamato Isa Danieli, un'attrice che a me piace moltissimo e pensavo potesse essere congeniale per la parte di Rosaria, anche se era un rischio, non sapevo mai se saremmo andate d'accordo, però mi piaceva talmente tanto l'idea che ho seguito solo il mio istinto, che mi diceva che con lei mi sarei trovata e avremmo fatto una coppia forte. Anche Isa, poi ha assecondato il cambiamento sul finale, era d'accordo con me che non c'era ancora un finale abbastanza forte nel testo, quindi, ci siamo trovate d'accordo su molte cose e abbiamo cercato un regista, suggeritomi proprio da lei, Pierpaolo Sepe. Poi ho trovato un produttore, Marco Balsamo, il migliore sulla piazza in questo momento e siamo partite con quest’avventura, su cui ho lavorato un anno prima che diventasse una realtà. Quando abbiamo debuttato, qualche mese fa, avevo veramente tanta, ma tanta paura, perché non era solo una responsabilità attoriale, per quanto immensa sia, perché siamo solo due attrici in scena per due ore, ma non era tanto quello che mi spaventava, avevo paura che il tutto non funzionasse, perché era stato un'idea mia e avevo trascinato altre persone con me, ed ero sempre un po’ titubante, invece, è stato fantastico, bellissimo. È stato proprio quello che avrei voluto che succedesse ed è successo.»
Qual è la cosa più rivelatrice e significativa di fare questo spettacolo e che le ha dato uno sprone in più?
«In realtà, io volevo fare uno spettacolo comico. Volevo che la gente ridesse a crepapelle, perché penso che, in questo momento storico, noi stiamo talmente tutti depressi, talmente tutti pieni di problemi personali, esistenziali, economici, lavorativi di ogni genere che, sento proprio che la gente ti è grata se tu la fai veramente ridere e non la fai ridere in una maniera becera e “alta”. Era questo che io volevo fare, volevo divertire e fare uno spettacolo molto pop, senza menate. Alla fine lo spessore c'è, quello umano che chiunque può capire, alla portata di tutti.» 
La commedia, infatti, si addentra nella solitudine di queste due protagoniste, quindi tocca la condizione della donna, della famiglia e altri aspetti sociali…
«Se noi vogliamo, troviamo tutte queste cose, persino c’è fortissimo il tema della xenofobia. Una delle due è terrorizzata dai cinesi, ed è quella che vessa la più giovane. Sono due sorelle che hanno vent'anni di differenza, per cui una le fa quasi da madre cattiva all'altra. La vessatrice è una che non esce se non per fare la spesa o per andare nella merceria che sta nello stesso palazzo al piano di sotto, e che si sente continuamente minacciata dall’avvento dei cinesi che vogliono comprare la loro merceria. Ci sono moldave che rubano i nostri ipotetici mariti, noi siamo due zitelle. Ci sono persone che stuprano per strada, l'esterno è raccontato come un'invasione di gente non autorizzata, quindi, c’è molto forte questo tema della xenofobia, in atteggiamento critico, nel senso che, la vecchia è incattivita con il mondo, nevrotica e ignorante.»

                     
E avete avuto reazioni contrarie da parte del pubblico… 
«Fortunatamente non abbiamo avuto mai, da parte del pubblico, nessuna lamentela o manifestazione di particolare entusiasmo, perché abbiamo anche un po' addolcito le virate xenofobe che ci sono, in questo momento è arrischiato parlarne. C'è tanta roba, fondamentalmente, stiamo parlando di una condizione umana, di un rapporto disfunzionale tra due sorelle che hanno legami di sangue. Come in una piccola famiglia formata solo da due sorelle possono scoppiare degli eventi che siano tragici, ma al tempo stesso, anche molto, molto comici, anche perché una delle due è avara in maniera patologica. Perciò fa stare in casa d’inverno la sorella con il cappotto addosso e con la sciarpa, non la fa accendere la televisione perché consuma energia, non accende la stufa, ci sono delle situazioni estreme, tra loro due, che sono poi la parte della comicità del testo.»
Parliamo sempre del personaggio de Le Signorine, anche se non è simile a lei, cosa ammira di Addolorata?
«Non ammiro niente. Addolorata è una poveraccia, una perdente nata, parte perdente e finisce ancora più perdente. È una senza palle, una stupidotta ed io adoro interpretare questi personaggi seppur lontani da quella che è la mia struttura psichica. Addolorata è una scema, una che tenta di ribellarsi ogni tanto, ha dei picchi d’isteria e  anche momenti di totale mitezza, è una vecchia bambina. Io ho tentato di invecchiarmi parecchio in questo personaggio, mi sono resa molto brutta e molto sciatta, con i capelli bianchi, mezza cieca con gli occhiali, con una zoppia fortissima, con quest’arto artificiale, dei vestiti bruttissimi, mi sono veramente umiliata fisicamente per fare questo personaggio. È un personaggio infelice, già da come appare dalla prima scena in cui la si vede ballare di nascosto nella sua stanzetta, perché lei coltiva dei sogni, ma c'è questo mostro, la sorella che la spia, che sta lì a controllare ogni sua mossa, che la rende pazza, infelice.»
Lei ha detto che ha riscritto più o meno il testo. Cosa c’è di suo che ha inserito? 
«Ho inserito il finale, che è la parte più tragica del testo. Sono stata fortemente influenzata e così anche Isa, nel nostro percorso teatrale da un autore, Annibale Ruccello. È stato il nostro autore di culto, il nostro nume tutelare, sia mio sia di Isa, anche se Isa l’ha conosciuto personalmente e ha scritto per lei “Ferdinando”, mentre io l'ho incontrato già da morto, nel senso che ho avuto un incontro con lui medianico attraverso la sua scrittura con “Notturno di donna con ospiti”, testo che ho portato in scena per bene 850 volte, una cosa del genere, nell'arco di vent'anni.»
Lei ha mai trovato difficoltà a bilanciare i toni, di quando deve essere comica e quando deve essere drammatica?
«Penso, veramente, di avere una specificità di cui sono molto fiera e che poi ho affinato negli anni la specificità del tragicomico, a me piace proprio il linguaggio tragicomico, mi piace essere sempre vera sia nel comico sia nel drammatico e riesco a essere comica nel drammatico e tragica nel comico. Questo è anche una cosa che hanno scritto dei critici che è una delle cose che mi hanno fatto più piacere di tutte le cose scritte dai critici, che riesco a essere tragica nel comico e comica nel drammatico ed è proprio quello che io voglio essere, perché penso che la vita sia così ed io percepisco la vita così.»

                       

Lei e Isa Danieli siete comunque accomunate da diverse cose…
«Siamo accomunate da molte cose, anche se siamo di generazione completamente diverse, di scuole teatrali diverse, però, in realtà, troviamo un linguaggio molto comune in scena, anche Isa ha della follia e poi lei è un’attrice sia drammatica sia comica, una che ha la cifra del tragicomico molto forte, quindi, riesce a essere sempre credibile in tutt’e due le modalità e mi piace per questo. A parte questo connubio con Ruccello, entrambe abbiamo lavorato con Lina Wertmüller e siamo entrate nel mondo di Lina entrambe più di una volta e siamo molto amiche di Lina. Ci sono dei percorsi che somigliano un po', chiaramente io ho fatto tutto il mio percorso e lei ha fatto il suo percorso, che è il doppio del mio, per cui portiamo in scena tutta la nostra esperienza anche individuale.»
Amo di lei come attrice che è una persona incredibilmente audace. Ha mai detto no a qualcosa che volevano a tutti i costi lei facesse?
«Ho detto sì anche a cose che non mi piacevano e non ho mai detto no a una cosa che mi piaceva, perché sarei cretina. Ho detto no a poche cose, non ho detto tutti questi no. Ho detto tanti no agli eventi mondani e anche a dei copioni di teatro, ogni anno mi arriva qualunque cosa, ma io devo fare le mie scelte. Ormai lo sanno che sono io che propongo un copione, un testo perché devo essere motivatissima per andare in scena, per contro non si va in scena. Invece, ho fatto anche tante fiction che non mi piacevano, ho fatto dei film che mi piacevano un po’ meno, che non mi convincevano fino in fondo, però mi attaccavo sem