«Ricevo tante ispirazioni dai sogni, dai viaggi, dalle conversazioni con sconosciuti o con i miei amici più vicini, dalle follie del mondo, dalla natura». Intervista ad Elasi

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“Si salvi chi può” è il nuovo singolo di esordio con Sugar della giovanissima Elasi. La cantautrice, nei suoi brani, affronta tematiche contemporanee attraverso un’esplosione di suoni con la sua inconfondibile energia e sonorità elettro-pop.  

Elasi aka Elisa Massara ci ha presentato il suo singolo e si è raccontata alle nostre pagine.

Si salvi chi può, com'è nata questa canzone e qual è il messaggio che vuoi comunicarci?

«Quando l’ho scritta, avevo bisogno di colorare un mio pomeriggio grigio con suoni arancioni, ritmi viscerali e parole trasparenti. È una canzone nata per salvarmi e per salvare le persone connesse con me dall’odio e dall’apatia di alcune guerre da tastiera/“specchio nero” attraverso un messaggio (dal mio piccolo) di libertà, leggerezza, apertura e tenerezza».

La canzone è accompagnata da un video, hai dato ualche suggerimento per la realizzazione?

«Per questo pezzo avevo in testa tanti colori accesi e movimenti del corpo semplici e liberi. Poi un mega lavoro di squadra di persone super forti e sensibili ha dato forma a questa idea! Alla regia c’è Ivan Cazzola, sullo sfondo una Torino fluounderground e di fianco a me dei piccoli ballerini con ritmo nel sangue!».

Cosa sta accadendo nella società attuale, preferiamo avere un rapporto virtuale con le persone piuttosto che personale. È più facile mettere un like che parlare di persona?

«In realtà, dipende sempre da come uno usa il web e i social. Per me sono fondamentali in questo senso: ho tanti amici lontani con cui tengo forte il legame, ho conosciuto persone che non mi sarei neanche mai potuta immaginare e ho suonato quasi tutto un progetto musicale via web con musicisti di altri continenti».

Più in generale come nascono le tue canzoni, fai riferimento ad eventi che ti accadono direttamente o che senti raccontare?

«Un po’ entrambe le cose! Ricevo tante ispirazioni dai sogni, dai viaggi, dalle conversazioni con sconosciuti o con i miei amici più vicini, dalle follie del mondo, dalla natura e tanto altro».

Vivo di Vividi Dubbi e Benessere cosa ci raccontano queste canzoni?

«Vivo di vividi dubbi parla delle crisi d’identità nel mezzo del cammin dei vent’anni: domande su domande su chi siamo, cosa vogliamo, qual è il nostro posto, quando a volte basta anche solo una casuale parola di un passante qualsiasi per darci una visione più chiara del mondo.

Benessere è un post-it e un inno allo stare bene con se stessi, allo spogliarsi dal superfluo, a uscire dagli schemi e a seguire un po’ di più la danza dell'istinto».

Puoi raccontarci il tuo progetto CHI e com'è nata l'idea di arrangiamenti a distanza via web?

«CHI è una “band a distanza”. Ho arrangiato i miei brani via web con musicisti di paesi e culture lontane tipo: Arya e il suo gruppo di gamelan rituali balinesi; Kamod che ha fatto un super assolo sufi e ha groovato con la tabla; Zam, cantastorie malese, che ha suonato il Balaphon; Mekhak con il Duduk russo; le percussioniste brasiliane Bela+Bela; Sulwyn, compositore fighissimo di Singapore, e altri che scoprirete con il disco. Questi pezzi li ho portati dal vivo con i visuals pazzi di Ocular (slime colorati, uova, pappagalli, svarioni virtuali, animazioni strane) in quattro luoghi pieni di graffi e di magie. Insomma, mi son divertita a far incontrare e far dialogare diverse discipline artistiche e background culturali per viaggiare e far viaggiare chi c’è stato».

Quali sono i tuoi progetti futuri?

«Un sacco di musica, di ricerca e di contaminazioni con altre arti».

Mi piace abbinare la musica alla cucina e quindi ti chiedo, se tu fossi un piatto quale saresti e perché ?

«Mi sento una torta salata: mix di ingredienti variegati e variabili a seconda di quel che ti ispira nel frigo o al mercato, pasta sfoglia croccante che abbraccia il ripieno e gratin di parmigiano dorato sulla superficie. Insomma c’è solo uno strato sottilissimo che copre tutti i miei sapori, ci metti poco a scoprirli».