"Il resto del tempo" è l'ultimo brano dei Disarmo. Intervista

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“Il resto del tempo” (Fonoprint) è il nuovo singolo dei Disarmo, band formata da Claudio Luisi (voce e chitarra), Lee Boyes (elettronica e basso) e Andrea Marinoni (elettronica e sequenze).

“Tutti noi ci siamo trovati almeno una volta nell’epicentro esatto del terremoto emotivo che provoca l’addio di una persona con la quale abbiamo condiviso un legame importante. – racconta la band - ‘Il resto del tempo’ è un brano che descrive il momento nel quale una persona decide di non lasciarsi crollare il mondo addosso ma di reagire con spietato orgoglio, quasi fosse l’unico modo per uscire feriti ma non a pezzi da un castello che cade quasi all’improvviso.”

Per i Disarmo abbiamo intervistato Claudio Luisi che ci ha presentato il loro ultimo inedito e si è raccontato alle nostre pagine.

"Il Resto del Tempo" è il vostro ultimo inedito, com'è nata questa questa canzone, fa riferimento al vostro vissuto?

«Sicuramente fa riferimento a qualcosa che ho vissuto, che ho visto, però è l'altra parte della medaglia in quella situazione, cioè quello che avrei voluto fare in una situazione del genere ovvero tirare fuori l'orgoglio e salvare una parte di me. La cosa particolare di questo pezzo è partito da una frase “Ricordati tu di quello che è stato, io mi sono già scordato” ed è presa da Scarface, secondo me la frase più epica del cinema, perché in quella scena c'è il cugino di Tony, Al Pacino, che dice a Tony che sta per rimettersi nel giro della malavita, del narcotraffico, di ricordarsi di tutto quello che avevano subito in galera, la violenza, tutto quello che avevano vissuto, "ricordatelo tu, che io mi sono già dimenticato" e parte per quest'avventura che poi finisce in modo catastrofico. É una frase di un orgoglio pazzesco. Il nostro pezzo parla di una relazione, quante volte ci siamo trovati di fronte a una situazione di crollo mentale e non abbiamo reagito con orgoglio salvando un pezzo di noi».

Mi ha incuriosito un aspetto, inizialmente facevi parte insieme a Lee Boyes della band “Infranti Muri”, poi avete seguito percorsi da solisti per poi ritrovarvi nei Disarmo. C'è un elemento, però, che accomuna questi periodi e cioè nelle canzoni andate sempre a prendere in considerazione il “resto del”, mi spiego: il vostro ultimo brano si chiama "Il Resto del Tempo", c'è un'altra canzone degli Infranti Muri che si chiama “Fuori dal resto del mondo”. Sempre con gli Infranti Muri nella canzone “Nulla è cambiato” canti “E mi trovo a viver nel passato del resto nulla è cambiato”. Quindi è come se poneste, inconsciamente forse, l'accento sulla parte mancante, sulla parte di vita che ancora deve essere vissuta...

«Grazie per l'analisi, è un aspetto interessante e sicuramente ci indagherò in merito. È sicuramente incoscio, perchè io sono una persona che pensa molto e pensa in continuazione anche al domani, sarà per questo motivo, cioè sempre guardare oltre quello che si sta vivendo. A volte è un male, ma a volte può essere anche un bene magari quando stai vivendo un periodo non eccezionale e quindi guardi avanti. Infranti Muri e Disarmo sono due band diverse. Ci siamo io e il bassista, poi la prima band si è sciolta, abbiamo fatto percorsi separati, poi ci siamo messi a fare di nuovo musica insieme e abbiamo creato una nuova band con elementi diversi».

Disarmo, perchè avete scelto questo nome?

«La cosa fantastica è che avevamo una lista assurda di quasi duecento nomi, ci siamo messi a tavolino a decidere quale scegliere e come puoi immaginare non ne venivamo a capo. Alla fine, abbiamo scelto Disarmo, perché è il nome di un pezzo che ho scritto in precedenza e non ha nulla a che fare con il senso bellico del termine. Ci piaceva l'idea di avere un termine unico come band, senza avere un nome composto come Infranti Muri, quindi, un nome immediato ma non troppo»

Il resto del tempo è accompagnato da un video che ha la particolarità di essere al contrario, cioè il video inizia dalla fine...

«Esatto, questa è stata una pensata del regista Mauro Lamanna che ha deciso di fare questo video reverse e di portare questa storia non in modo didascalico. Nella canzone lui scopre qualcosa in lei che non va, nel video è il contrario, quindi, è lei che quasi scopre un tradimento di lui.  C'è la scelta di non essere didascalici, di fare una cosa al contrario con scene un po' più evocative, come il piatto che si compone, invece, di decomporsi che è un effetto semplice, ma che ti tiene incollato allo schermo».

Leggevo che voi vi ispirate, per certi aspetti, alla musica della Londra degli anni '90 alternative rock, drum'n'bass. Ma a quali gruppi nello specifico? A me di quegli anni vengono in mente i The Cure, anche se Robert Smith dichiarò che non gli piaceva essere etichettato nell'alt rock o anche i Placebo....

«Guarda hai fatto centro, hai detto due nomi che è nella scelta delle chitarre. Anche nella parte elettronica, infatti, la Drum'n'Bass è un genere nato proprio in quegli anni in Inghilterra, poi ci sono influenze dubstep, che sono derivati dalla musica Drum'n'Bass, dei campionamenti elettronici».

E, inceve, c'è stata una vostra ricerca anche nella musica italiana?

«Amo la musica italiana, noi italiani abbiamo sempre la tendenza di pensare che quello che viene da fuori sia sempre più speciale, più bello. ICredo, invece, che negli anni '90 ci siano stati dei progetti che sono stati pazzeschi come i Bluvertigo e poi i Subsonica, anche se noi come sonorità ci discostiamo abbastanza nonostante chi ci sente, sente questo connubio rock ed elettronico e pensa subito che ci siamo ispisrati a loro, anche se non è così. Ci piacciono molto, ma siamo molto diversi come approccio. Anche nella scrittura c'è sicuramente una ricerca nella musica italiana, che apprezzo molto, e secondo me dovremmo farlo un po' di più tutti».

Credo che bisognerebbe un momento fermarsi per andare a vedere un po' la nostra storia della musica perché sicuramente abbiamo molto da insegnare...

«Sante parole, ci sono state progetti Hardcore anni '80 italiani che sono stati molto apprezzati all'estero. Noi camminiamo in un territorio molto ricco di cultura e storia. Una volta siamo andati, con l'Accademia Musica e Spettacolo con cui ho studiato, alla Jiulliard a New York e mentre facevamo la visita della struttura a un certo punto la stagista, che ci accompagnava, si è rivolta a noi italiani e ha detto “Queste sono le quinte del teatro” al che ci siamo guardati e messi a ridere, perchè forse le ha inventate qualcun altro (ride). Dovremmo realmente avere molto più orgoglio di quella che è la nostria storia artistica».

Abbiamo iniziato quest' intervista dicendo che la vostra canzone è nata da una frase di un film. A me invece piace abbinare la musica alla cucina e quindi ti chiedo, se voi foste un piatto che piatto sareste e perchè?

«Mi metti in difficoltà (ride), è bellissima questa domanda (ride), diciamo due cose che difficilmente convivono insime, diciamo pizza, cozze e marmellata (ride) oppure dai divertiamoci, una cosa tipicamente inglese e una italiana. Quale piatto inglese ti viene in mente?»

Penso subito al Fish and chips e allora facciamo Fish and chips sulla pizza... così facciamo un abbinamento strano tra l'Italia e l'Inghilterra visto che un membro della band è inglese!