Van Gogh. Sulla soglia dell’eternità di Julian Schnabel al cinema. Recensione

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Van Gogh. Sulla soglia dell’eternità di Julian Schnabel al cinema. Recensione

Il film Van Gogh. Sulla soglia dell’eternità, diretto da Julian Schnabel e con Willem Dafoe e Oscar Isaac è nelle sale cinematografiche italiane dal 3 gennaio 2019. Presentato alla 75ª Mostra del Cinema di Venezia ha fruttato una  meritatissima  Colpa Volpi come migliore attore a Willem Dafoe.
Il film narra gli ultimi e tormentati anni di vita del grande pittore olandese ma più che essere una semplice biografia  cerca  di approfondire dall’interno lo stato d’animo dell’artista  nel momento della creazione dell’opera, lo sforzo fisico e la completa dedizione all’arte che caratterizzano la vita di un pittore.
Le vicende narrate vanno dal 1888, anno in cui Van Gogh si trasferisce ad Arles, in Provenza fino alla sua morte avvenuta in circostanze misteriose il 27 luglio del 1890 ad Auvers-Sur-Oise, ospite del dottor Gachet. In questo breve periodo accadono molte cose: suo fratello Theo, al quale è legatissimo, si sposa, stringe amicizia con Gauguin, gli abitanti di Arles firmano una petizione per mandarlo via, il ricovero nel manicomio di Saint-Remy.
Il regista Julian Schnabel, anch’egli pittore, ci conduce nel  mondo di Van Gogh con il suo sguardo e la sua sensibilità. La cinepresa ci costringe a guardare in modo sfocato ma suggestivo i panorami  osservati minuziosamente dall’artista. Corriamo insieme con lui trai campi di girasoli, tra i fiori, tra gli alti cipressi, in una natura selvaggia e dai colori accesi. Percepiamo il suo malessere profondo, la sua disperazione totale, la sua follia interiore e la sua ricerca disperata e vana d’amore. E in tutto questo assistiamo alla realizzazione di alcuni dei suoi capolavori quali: La casa gialla, 14 girasoli in un vaso, Autoritratto con orecchio bendato, Notte stellata, La chiesa di Auvers.


La tormentata amicizia con Paul Gauguin si sintetizza in questo suggerimento a Vincent: “dipingi quello che vede il tuo cervello” e il regista Schnabel fa proprie queste parole nel presentarci  appunto il fascino dell’atto creativo nelle pennellate corte, spesse e nervose di uno degli artisti più noti e incompresi.
La scena finale del film è di una bellezza struggente. La bara aperta è circondata dai suoi quadri. I colori quasi fiammeggianti delle sue tele contrastano con il suo viso reso opaco e avvizzito dai colori della morte.
Le opere di Van Gogh che vediamo nel film sono realizzate ex novo. Il regista così si è espresso alla conferenza stampa di presentazione del film a Venezia:«L’atto di dipingere doveva essere autentico e volevo fare un film che riproducesse fedelmente ciò che i pittori pensano nel momento dell’atto creativo ed il rapporto di noi artisti con altri pittori, compresi quelli che sono vissuti prima di noi


E l’attore Dafoe:«Questo è un film che parla di pittura  quanto di Van Gogh per cui gran parte del mio lavoro è consistito nell’imparare a dipingere e ancor più imparare a osservare. Ho capito che la pittura è una combinazione di ispirazione, impulso, tecnica, esercizio e abbandono dell’esercizio. Una delle cose che mi piace di più del film è che riesce a documentare parte di questo processo, una cosa che raramente ci è dato di vedere
Grazie alla magistrale interpretazione di Dafoe non si nota la differenza notevole di età tra personaggio e interprete. L’artista Van Gogh, infatti, è un uomo provato dalla sofferenza esistenziale e dalla solitudine.
Per chi  desideri approfondire la biografia di Van Gogh consigliamo il libro di Giordano Bruno Guerri  intitolato Follia? Vita di Vincent Van Gogh, edito da Bompiani.