Storie di donne: Tiziana

- di

Storie di donne: Tiziana

La prima volta che ho provato a spegnermi avevo 40 anni.


Alcuni dei dottori che mi hanno avuto in cura, sostengono io l'abbia fatto per qualche tipo di trauma vissuto durante la mia infanzia.
Il trauma, però, a distanza di anni, non l'hanno ancora identificato.
Eppure insistono sia quello il motivo. 
Altri invece, credono sia dovuto alla perdita di mia madre, figura importante nella mia vita.
Alcuni hanno addirittura ipotizzato sia stato il rapporto con mio marito, troppo possessivo da entrambe le parti, secondo loro.

La realtà è che io non ho subito alcun trauma quando ero piccola.
E sì, mia madre era importante, ma come qualunque altra madre.
E il rapporto con mio marito credo sia la cosa più bella che mi sia capitata in questa vita.
Loro lo hanno definito quasi morboso.
Noi, semplicemente, siamo essenziali l'uno per l'altro. Qualunque cosa ci sia capitata l'abbiamo sempre affrontata insieme.
Non credo questo sia sbagliato, ma non sono un medico io.

Non so nemmeno perché io l'ho fatto, come potrei spiegarlo a loro?
Ricordo il pensiero fisso, nonostante i miei due figli meravigliosi.
Il primo oggi ha 25 anni, la seconda 23.
Non mi hanno mai creato problemi, anzi.
Soddisfazioni scolastiche e personali.
Eppure io pensavo a come farlo anche quando guardavamo un film insieme.

La mattina mi svegliavo e controllavo il meteo sul cellulare.
Sarebbe dovuta essere una bella giornata, non volevo che i miei figli si bagnassero e poi prendessero il raffreddore.
Mio marito, poverino, ogni volta che si ammalavano andava nel panico più totale.
E io non volevo questo per lui.
Perciò preferivo ci fosse il sole.
L'orario doveva essere quello in cui lui sarebbe tornato da lavoro, non volevo mi trovassero Gianluca o Tiziana.
Avevo scelto anche l'abito, l'ultimo che mi aveva regalato.
Lo avrei indossato per lui, gli piaceva tanto.
Diceva che mi faceva sembrare una ragazzina.
E io volevo tanto mi ricordassero così, giovane e bella.
Il giorno dunque era essenziale per me, doveva essere un sabato.
Gianni tornava sempre verso le 11 il sabato, i ragazzi invece il pomeriggio.

Scelsi un sabato di maggio, il mese della Madonna.
Ricordo che mi svegliai felice, più del solito.
Preparai la colazione e la facemmo tutti insieme.

Diedi un bacio a tutti quella mattina, ma era una cosa che facevo sempre, quindi nessuno di loro ci diede peso.

Durante la settimana mi ero avvantaggiata preparando un bel po' di cose che poi congelai.
Pensai che almeno così avrebbero avuto qualcosa da mangiare i primi giorni.
Avevo lavato e stirato tutti i vestiti e pulito tutta casa, persino i lampadari con tutte quelle gocce di cristallo che odiavo tanto dopo averli acquistati.
Appena sposati si fanno scelte assurde in merito alle cose di casa, si pensa sempre "che belle", ma mai che poi dopo dobbiamo pulirle!

Appena uscirono, andai in bagno, riempii la vasca con il mio bagnoschiuma preferito e mi ci immersi serena.
Mi lavai i capelli.
Mi truccai e mi vestii.
Uno spruzzo del mio profumo. 
Mi sentivo bene.
Scesi in cantina e presi la corda che avevo comprato mesi prima e che avevo segretamente custodito per il mio giorno.
Feci un cappio.
Non è stato difficile farlo,oggi in internet trovi qualunque spiegazione e io ho semplicemente visto un tutorial su youtube.
Posizionai la sedia sotto il lampadario nel salone e ci salii sopra.
Mi infilai il cappio alla gola.
Chiusi gli occhi.

Una ragazza conosciuta in internet ci aveva già provato, ma all'ultimo non aveva avuto il coraggio, mi disse che ci avrebbe riprovato, ma aveva intenzione di tagliarsi le vene nella vasca.
Io non avrei mai potuto, avrei sporcato tutto e poi non sarei stata un bello spettacolo per chi mi avesse trovato.
Un altro invece mi consigliava la pistola, diceva "Un colpo secco e è finita".
Ma io non avevo armi in casa e comunque ci sarebbe stato troppo sangue.
Fu lui che mi raccomandò, una volta tolta la sedia, di non dimenarmi tanto, altrimenti avrei sofferto troppo e sarebbe durata più a lungo.
Tolsi la sedia.

Quella mattina c'era stato lo sciopero dei mezzi pubblici e mio figlio Gianluca, dopo essersi fermato un po' con degli amici a chiacchierare, tornò a casa.
Mi trovò lui, ma troppo presto.
Mi acchiappò per le gambe, tentando di alzarmi nella speranza di farmi prendere aria.
Cominciò a urlare chiamando i vicini che accorsero e mi tirarono giù. 
Persi i sensi.
Poi ricordo il soffitto della camera dell'ospedale e gli sguardi di mio marito e dei miei figli.
Non so se fossero più di preoccupazione o di rabbia.
So solo che appena aprivo gli occhi, mi sentivo chiedere "Perché".
Allora ho smesso di aprirli per un bel pò.
Non rispondevo.
Non volevo né vedere né sentire nessuno. 
Compreso i medici che provavano a parlarmi.
Anni passati in strutture ospedaliere e nessuna voglia di parlare.
 

Mi ero assentata da questo mondo.
Per scelta.
Volevano tutti trattenermi qui, mentre il mio pensiero era solo quello di spegnermi.
E allora l'ho fatto nell'unico modo che mi veniva concesso, estraniandomi da tutto e da tutti.
Ho letto che l'idea del suicidio non ti abbandona mai.
È un po' come una porta con su scritto "Uscita".
Io l'ho trovata.
Mi sono semplicemente lasciata morire.

Sono Tiziana, oggi ho 40 anni come mia mamma e ancora mi chiedo perchè lo abbia fatto.
Io, non avrei il coraggio.

 

Storie di donne, Rosanna Pannone


Se volete essere uno dei protagonisti dei mie racconti, scrivetemi: dottorecaffe@gmail.com
mettendo in oggetto "Storie di donne".

Mantenendo l'anonimato o, se vorrete taggandovi, racconterò la vostra storia, il vostro vissuto, la vostra vita.